
01 Ott Intervista: L’estate al Barbara di Niky Ceria
Un’intervista come sempre ricca di contenuti…e come sempre di ispirazione per tutti coloro che vogliono andare “controcorrente”!
In molti avranno visto gli aggiornamenti degli ultimi giorni, che ci mostrano Niky Ceria in Colorado già attivo e performante su molte linee di gran livello e bellezza…
Ma qui non parliamo di questo, bensì di tutto il periodo che ha preceduto la sua partenza e in cui Niky si è allenato a fondo a casa e ha riscoperto un’area con la quale ha avuto un rapporto intenso fin dalla sua “infanzia” arrampicatoria: il Rifugio Barbara!
Qui, ormai diversi anni fa, Christian Core ha pulito e liberato molte linee estreme e decisamente ostiche, più una miriade di altre di non facile approccio anche su difficoltà più umane. Forse proprio per questo il Barbara non ha conosciuto la stessa popolarità di molte aree estive “supermercato”, dove tutto è più facile, accessibile e mediaticamente più propenso a far guadagnare quei like e cuoricini che sono la ragione di vita della società attuale.
Oltre alla bellezza dell’ambiente circostante, le caratteristiche del Barbara non potevano che esercitare un’attrattiva molto forte su Niky, nella sua visione introspettiva e pura del bouldering, un tempo l’essenza stessa di questa disciplina e ora diventata paradossalmente “controcorrente” rispetto ai trend delle masse…
Ma non indugiamo oltre… come sempre Niky ha tanto da raccontarci!
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Ciao Niky quest’estate non ti abbiamo visto viaggiare in giro per il mondo ma scalare nelle aree di “casa” in preparazione al tuo viaggio autunnale in Colorado. In particolare la tua attività boulderistica ti ha portato a frequentare molto assiduamente l’area del Rifugio Barbara.
Innanzitutto nella tua visione del boulder ci puoi dire che cosa rappresenta e che cosa ti suscita l’ambiente che circonda questa bella area?
L’ambiente è proprio ciò che mi ha spinto a tornare in questo posto durante l’intera estate. È una location poco frequentata, fuori dal caos e ad “alta” quota, il che permette di fuggire sia dalla società che dall’afa estiva. Il posto è per me magico, specialmente ad inizio estate: ci sono prati verdissimi e pieni di fiori, ruscelli ricchi d’acqua e malgrado sia un posto alpino si può trovare comunque un po’ di vegetazione. Il telefono non prende e trascorrere una giornata in questo posto significa staccarsi completamente dal resto e dai ritmi frenetici della società. A prescindere dalla scalata e dai sassi, per me venire in questo posto è straordinario.
Il Barbara non è per te una novità di quest’anno ma è un’area che hai visitato fin dagli inizi della tua attività. Ci puoi dire qual’è stata la tua storia con questo posto?
Si, è un posto che conosco da molto tempo. Dal 2008 al 2011 l’ho frequentato parecchio, specialmente per le ragioni che ti accennavo prima. A volte ci andavo anche solo per mezza giornata con mio papà, quando finiva di lavorare al sabato mattina e stavamo ai sassi fino all’imbrunire.
Ho poi smesso di frequentarlo per qualche anno, visto i viaggi nell’altro emisfero che mi occupavano diverse parti dell’estate. E anche perché parecchi passaggi rimanevano dei veri e proprio rebus contro i quali continuavo a sbattere la testa senza scovare alcuna soluzione. Mi sono arreso un po’ e ho lasciato perdere diverse linee, sperando un giorno di poter migliorare e quindi poterle leggere ed interpretare con una visione più ampia. Anche se ci credevo poco, alla fine è successo e quest’estate è stata la svolta.
Veniamo ai blocchi: l’area del Barbara è nota ormai da diversi anni perché qui Christian Core aperto moltissimi blocchi davvero duri, incluso l’8c finora irripetuto di Kimera. Qui sono anche passati alcuni climber molto forti come Dai Koyamada e diversi altri. Ci puoi dare una tua descrizione generale e soggettiva dei massi e delle linee presenti qui?
Come detto, per me le caratteristiche principali sono legate all’ambiente, al paesaggio e all’atmosfera attorno ai sassi. Oggettivamente alcune linee meriterebbero a prescindere da tutto ciò; in altri casi, onestamente, non è cosi. Ma proprio per il contesto che li circonda, i sassi quassù hanno un certo fascino.
La roccia è un serpentino di alta montagna, simile a quello di Champorcher. Credo si differenzi da quest’ultimo principalmente per la minore vegetazione che lo ricopre e quindi la grana è spesso più liscia e senza grip. La scalata è molto fisica, prevalentemente su tacche e strapiombi che richiedono forza ma anche tecnica ed interpretazione. Ho passato anni a guardare queste linee occulte di Christian che nessuno conosce. Mi sono sempre meravigliato di come, con la sua visione, lui riuscisse a passare dove moltissime delle “super star” nemmeno ci avrebbero provato. Anche se la qualità di diversi passaggi per me rimane discutibile, questa caratteristica mi ha sempre affascinato e mi ha fatto tornare parecchie volte.
Ciò non toglie che diverse linee siano comunque dei passaggi di buona qualità: Fat Bastard, Big Mother Fucker, Kimera, Gollum, Smeagol, Black Mamba (anche se taglia da matti), Eldorado, Amemnone e La Bestia nera.
In questa tua estate hai ripetuto diverse le linee di Core e spesso si è trattata della prima ripetizione. Ci Puoi riassumere quali sono stati per te i traguardi più significativi?
Tra tutti direi che quello che spicca di più è Gollum, al settore omonimo.
Direi poi Smeagol, che si trova appena dietro. Smeagol è una di quelle linee sconosciute che non ho mai capito come risolvere. Inoltre pare che una tacca si sia rotta, anche se ho scoperto successivamente che Christian probabilmente non l’aveva usata nella prima salita. Per me questa tacca a tre dita era fondamentale. Pian piano quest’estate mi sono messo a cercare una soluzione e ho trovato un ottimo aggancio di punta che mi permetteva di risolvere il crux, facendolo comunque rimanere un singolo a bassa percentuale di riuscita.
Black Mamba è un’altra linea che ho sempre guardato, ma che fino a quest’anno non ero mai riuscito a provare: è uno strapiombone di alta montagna a croste che però, a differenza degli altri passaggi misteriosi del Barbara, una volta trovata la soluzione è risultato molto più gestibile.
C’è poi la Bestia nera che è l’ultimo sasso del Barbara in cima alla pietraia ed infine direi Black Sheep che è un piccolo tetto basso, ma con una scalata davvero fisica e molto bella. Lo avevo provato brevemente tanti anni fa ed ero riuscito a risolvere i singoli lo scorso anno. Questa stagione ero motivato ed è stato il primo masso che sono riuscito a salire ad inizio giugno. È un sasso che non gli dai una lira, ma che risulta molto interessante per lo stile di scalata che offre.
Tra questi, come hai avuto modo di raccontare anche sui tuoi profili social, un blocco che ti ha particolarmente impegnato negli anni è stato quello di Gollum. Ci vuoi raccontare che cosa ha rappresentato per te salirlo?
Salire un sasso che immagini da molto tempo è gratificante e ti dimostra sempre che avere pazienza nel bouldering è fondamentale per godersi ogni step e per approcciarsi alla roccia in maniera sempre più profonda. Gollum ha rappresentato tanto per me. Lo vidi la prima volta nel 2008 e non immaginavo fosse cosi illeggibile e complesso da scalare. Mi ha accompagnato per diverse vacanze estive e ad un certo punto riuscivo a collegarlo tutto fino all’ultimo movimento, che però mi sembrava un singolo al di là delle mie capacità. Tante volte riuscivo ad afferrare la presa, ma non riuscivo a trattenere la sbandierata o tenere le punte agganciate e questo lo rende un movimento complesso, “dubby” e pericoloso per la caduta. Nel 2012 smisi di provarlo proprio perché non riuscivo a trovare il pezzo mancante del puzzle.
La scorsa primavera decisi che avrei trascorso diversi giorni al Barbara e che prima o poi sarei tornato da Gollum. Per tutta la stagione ho avuto la fortuna di condividere le mie giornate con Andrea Tallone. Insieme siamo riusciti a trovare un’ottima soluzione per risolvere l’ultimo movimento e dopo una sessione la salita si è concretizzata.
Non è facile descrivere ciò che rappresenta salire un passaggio di questa storia, che ho desiderato scalare sin da quando avevo 14 anni. Rappresenta per me un percorso e un’evoluzione della personale visione del bouldering che spero di poter ampliare ancora negli anni a seguire e magari completare “Altri Gollum” in giro per il mondo.
Inevitabilmente a un boulderista forte come te è quasi scontato chiederlo… Hai provato Kimera? Che cosa ci puoi dire di questo blocco che per certi versi è un po’ mitico?
Beh si, anche io lo considero mitico. Il silenzio mediatico che copre i passaggi di Christian li arricchisce di una modestia pazzesca e fa riflettere su come i media considerino solo le cose facili da trattare. Ma questo credo sia il modo perfetto per essere leggenda. Non c’è leggenda se non c’è oscurità, per tale motivo considero Kimera un vero e proprio passaggio leggendario.
Per il resto credo che Kimera sia più bello di ciò che sembra ed è molto allettante. Personalmente credo sia uno dei migliori pezzi di serpentino che si possano trovare in giro. La sua pecca è un sasso che ha alle spalle, che compre la visuale quando lo guardi ed è difficile coglierne l’intero aspetto in un solo colpo d’occhio. Detto ciò, è un traverso logico, su prese e roccia estremamente compatta e con movimenti interessanti.
L’ho provato “on and off” negli anni. La presa del passo chiave è spesso umida/bagnata e lo rende ancora più ostico da approcciare: devi aspettare un lungo periodo di sole per poterci mettere le mani sopra. La prima parte è fattibile e diventa complicato negli ultimi 4/6 movimenti (dipende dai metodi). Non solo è duro a livello di dita, tensione corporea e testa, ma è anche estremo per il grip, la condizione della tua pelle durante la scalata e le condizioni atmosferiche.
L’area del Barbara non è così tanto frequentata e considerata dagli scalatori italiani. Anzi prima del tuo ritorno di quest’anno era un bel po’ di tempo che non se ne parlava, forse proprio dalla partenza di Christian per il Canada… Per quale motivo pensi che un’area di questo tipo e di questa qualità venga snobbata? L’ennesima dimostrazione del carattere consimistico del boulder che porta in luoghi più noti e “facili”?
No easy ticks, no people. Sì, quello che hai detto rispecchia perfettamente la realtà del Barbara. Sono sicuro che se ci fossero dei video online riguardo i blocchi che abbiamo citato, la gente comincerebbe a frequentarlo in maniera più intensa. Nessuno sa nulla di quelle linee e c’è pochissimo materiale che puoi trovare. Se non ti approcci come quando provi un blocco vergine, non penso possa piacerti.
Per me è un pregio che, in qualche modo, quest’area sia rimasta protetta a differenza di altre dove si è sbagliato a renderle cosi accessibili a chiunque. Malgrado la guida gratuita online nessuno ci va e trovo affascinante che per approcciarsi ai passaggi di Christian si debba andare ben oltre il leggere una cartina.
Al di là di Kimera hai altri blocchi che ti spingeranno a ritornare in questa bella area alpina?
Ci sono un paio di passaggi che vorrei provare oltre a Kimera, come ad esempio Osmosi (che ho provato un solo giorno quest’anno) ed Eminem. Ma a prescindere da questo ci tornerò senz’altro, sperando continui ad essere il posto che è.
Inoltre, appena sotto al Barbara, c’è La Comba Dei Carbonieri, un posto abbandonato a cui ci sono molto affezionato visti i giorni passati con Gabri e i ragazzi del Biside nel 2009/10. E anche La Comba è una zona che ad un certo punto vorrei riscoprire.
Come sempre grazie mille Niky per il tempo che ci hai dedicato e per le risposte sempre ricchissime di contenuto!
Intervista di Alberto “Albertaccia” Milani