Bruno Tassi, detto “Camòs” - Up-Climbing

Bruno Tassi, detto “Camòs”

“Bruno (…) era un uomo di montagna, nel senso più ampio e nobile che possiamo dare alla parola. Non per via del curriculum ma per i sentimenti che risiedevano nel profondo del suo animo e per le sue abitudini. Per il suo modo di fare e di vivere (…) l’essenza dell’essere alpinista di Bruno che non aveva tanto a che fare con le vie salite, con le cime o con le difficoltà tecniche superate, quanto piuttosto con la sua curiosità e con il suo desiderio di mettersi alla prova. Con l’andare avanti, sempre. Ovunque. Con l’avventura, appunto. Per Bruno andare in montagna e fare alpinismo era il tentativo di usare l’arrampicata in funzione di qualcos’altro, restava da capire cosa.” Emilio Previtali

Per i climber bergamaschi parlare del Camos è parlare di un simbolo, di una di quelle pietre miliari che hanno impersonificato il concetto stesso di arrampicata. Quando Bruno Tassi, noto a tutti con il nomignolo di famiglia “Camos”, era ancora in vita, non c’era un climber che non lo conoscesse, e non provasse un mix di venerazione e timore per tutto ciò che Bruno era, nell’arrampicata e nella vita. La perfetta combinazione di genio e sregolatezza, qui entrambe calate nella solidità della Corna Bianca di Cornalba, tela su cui ha disegnato le sue opere.

“…il suo mondo è quello della libertà. Una libertà che è anche fare ciò che si vuole, senza troppe responsabilità e senza essere troppo rispettosi delle regole, una libertà che va vissuta appieno se questa è capace di renderti felice!”.

Sebbene mi sia formato anche io per molti anni nelle falesie bergamasche, soltanto in un paio di occasioni ho avuto la possibilità di incontrare il Camos, senza mai approfondirne la conoscenza ma percependo subito il suo grande carisma e autorità. A Cornalba, il Camos ha mostrato tutto il suo genio, individuando linee nella roccia che sono diventate vie di riferimento per l’arrampicata italiana. Un maestro della placca, ai tempi probabilmente uguagliato solo da Manolo, con vie che tuttora rappresentano banchi di prova che buona parte dei climber temono, e addirittura evitano. Apache, la leggendaria Peter Pan (la via che forse più identificativa di Bruno), Jedi, FBL… e tante altre. Ma oltre a queste una visione proiettata verso il futuro, come nel caso di Goldrake, via da lui ritenuta scalabile sebbene allora fosse al di là di ogni possibilità e che nel futuro è per l’appunto diventata uno dei 9a+ più famosi d’Italia!  

Alla fine del 2007, Bruno ha lasciato questo mondo, ma non in montagna bensì per un incidente in macchina. Tra una vita dedicata alla roccia e all’alpinismo e le vicende tragicomiche per cui era noto anche a causa del bere, nessuna di queste due fu però la causa che lo portò alla morte. Probabilmente, qualcuno pensò subito che quell’incidente mortale si fosse infatti verificato a causa del suo vizio del bere ma in realtà quella sera Bruno era solo un passeggero.  Uno dei tanti scherzi del destino, che in quel momento aveva deciso che per lui era arrivato il momento. Se il Camos già allora era un mito, lo divenne ancora di più dopo la sua morte, che dimostrò quanto fosse grande l’affetto e la riconoscenza delle tantissime persone che l’avevano conosciuto negli anni, inclusi illustri discepoli come Simone Moro o Emilio Previtali. I loro contributi in questo libro dimostrano come Bruno forse effettivamente un riferimento dell’arrampicata non solo bergamasca.

“Camos”, scritto da Lorenzo Tassi, il cugino di Bruno, è un libro in cui traspare tutta l’eccezionalità ma anche l’umanità che caratterizzava il Camos nella sua singola persona, ma anche nelle persone con cui aveva condiviso le sue tante avventure. Una raccolta di scritti vari in cui l’autore ha rifatto il punto sulla vita di Bruno, arricchita dai ricordi lasciati dai tanti amici e conoscenti (inclusi appunto quelli di Moro, Previtali, Manolo e lo stesso Mauro Corona, che del Camos era molto amico), che ci permettono di capire quale fosse lo spessore di questo uomo e climber che con la sua assenza ha lasciato un immediato vuoto nell’arrampicata. Oltre alle loro parole, troviamo anche tante parole inedite dello stesso Bruno, nella forma di scritti, riflessioni e poesie che sono state raccolte dopo la sua morte e che offrono uno sguardo ancora più profondo su un uomo che all’apparenza sembrava spigoloso e duro, ma che al di sotto celava quella grande sensibilità e percezione senza le quali mai avrebbe potuto ideare quelle splendide linee sul calcare di Cornalba.   

Per chiunque voglia conoscere un grande climber della storia dell’arrampicata italiana, ma soprattutto un personaggio carismatico e unico, nei suoi vizi e virtù, questo è un libro da non perdere!

 “… è maturata in me la voglia di salire le montagne per altri sentieri che non fossero quelli percorsi da tutte le persone, ma solo da persone speciali cioè rocciatori e alpinisti”

 

Le citazioni sono tratte dal libro “Camòs” di Lorenzo Tassi – Edizioni Versante Sud – I Rampicanti

Albertaccia

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