K2: IL SOGNO DI UN BAMBINO - Up-Climbing

K2: IL SOGNO DI UN BAMBINO

Intervista a François Cazzanelli

«Prova a dare una matita ad un bambino», spiega Cazzanelli. «Chiedigli di disegnare una montagna. Ti farà il Cervino, che ho scalato decine di volte. O il Cerro Torre, su cui ho ripetuto la via dei Ragni. Oppure il K2, dove ancora non sono stato».

Di certo a François girava in testa da tempo: due anni fa è stata annunciata la spedizione, poi rimandata nel 2020 e nel 2021 a causa della pandemia. Il 28 luglio di quest’anno François Cazzanelli (Guida Alpina della Società Guide del Cervino), Pietro Picco (Guida Alpina della Società Guide di Courmayeur) e Jerome Perruquet (Aspirante guida alpina e membro della Società Guide del Cervino) hanno raggiunto la cima del K2.

Abbiamo incontrato François alle prese con gli ultimi preparativi prima della partenza, chiedendogli di raccontarci questo «sogno» che l’ha portato così lontano. Vi proponiamo qui una parte dell’intervista che potrete leggere interamente sul numero 19 di UP CLIMBING.

Da quanti anni avevi in mente questo progetto?

È nato nella mia testa già diversi anni fa, direi dopo aver scalato il Lhotse nel 2018. L’intento iniziale era di andarci nel 2020, al mio trentesimo compleanno, che coincideva anche con il ventesimo anniversario della salita di Marco Camandona e Abele Blanc. Mi piaceva l’idea che, a vent’anni di distanza, altri valdostani raggiungessero la vetta del K2. Da subito il piano era scalare Broad Peak e K2, in particolare puntare al K2 in velocità: così avrei chiuso un cerchio con me stesso e anche una parte della mia vita.

François Cazzanelli, Cervinia Days. Foto: Charley Radcliffe

 

Da lì è partita la macchina organizzativa?

Abbiamo iniziato nel 2019 una preparazione mirata: in primavera siamo andati in Alaska, dove ho scalato il Denali per due vie diverse, in autunno ho raggiunto la vetta del Manaslu in one push dal Campo base, in 17 ore e 43 minuti. Poi, purtroppo, nel 2020 il Covid ci ha fatto rinunciare ai nostri piani. Ci abbiamo riprovato l’anno seguente, quando le cose sembravano andare meglio. Avevamo già pagato anche buona parte della spedizione, ma alla fine sono emersi vari problemi organizzativi, ostacoli, restrizioni sui viaggi… Non ce la siamo sentita di partire, perché per un progetto così ci vuole tanta tranquillità mentale.

Il team è tutto made in Val d’Aosta: che valore ha, anche a seimila chilometri di distanza, il legame con la vostra terra?

C’è una forte connessione tra le guide alpine valdostane
e l’Himalaya, perché queste vette somigliano molto alle Alpi che abbiamo qui tra Val d’Aosta, Francia e Svizzera.
Per me, in particolare, il Cervino sarà sempre un punto di partenza e un punto di ritorno: è una scuola di vita dove ho imparato tanto, costruendo la maggior parte del bagaglio di esperienza che poi ho esportato sulle montagne di tutto il mondo. È qui che sono riuscito ad affinare e mettere a punto tutta la mia tecnica e le mie capacità fisiche, necessarie anche per questo progetto in Pakistan.

Tra gli obiettivi della spedizione, c’è anche il sostegno di un importante progetto umanitario che porta il nome di Sanonani House: di che si tratta?

Sanonani House è una onlus creata nel 2015 da un gruppo di persone valdostane, di cui sono ambassador. Ha una storia recente, ma il sogno di aiutare i bimbi del Nepal era in un cassetto già da qualche anno. Va detto che, più che degli alpinisti, è merito delle loro mogli:
il vero motore di Sanonani è rappresentato da Barbara Luboz, moglie di Marco, Lara Dulicchio, moglie di Adriano Favre, Paola Denarier, moglie di Abele Blanc (…)

Fabrizio Rossi

Il testo completo è disponibile all’interno di UP CLIMBING #19 • FRIULI, che potete sfogliare in anteprima a questo link.

In copertina dell’articolo François Cazzanelli, foto: Charley Radcliffe.

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