BOULDER NEL VERONESE? - Up-Climbing

BOULDER NEL VERONESE?

Cosa serve per scrivere una storia locale?

Cosa occorre per trasformare un’area blocchi con del potenziale in un luogo che possa attirare l’attenzione degli esigenti climber ormai abituati a palestre super attrezzate o a luoghi iconici come la Val Daone?

Immagine originale dell’epoca con la frana del 1922 a Brentino. Foto: Arch. D. Perotti

Per trovare una risposta a queste domande occorre chiedere a chi si sta occupando di sviluppare una zona nel veronese completamente nuova, che sembra avere tutte le carte in regola per diventare una meta di culto.

Vi proponiamo quindi un breve estratto dell’articolo di Diego Perotti pubblicato su UP CLIMBING #22, convinti che potrà destare il vostro interesse.

«Verona è una città-monotiro che nella sua cultura arrampicatoria è influenzata a nord da un polo falesistico come Arco e, ancora più a nord, dalle vie alpinistiche delle Dolomiti trentine e altoatesine.

Per questo, nonostante la presenza di una palestra come il King Rock e la grande quantità di roccia disponibile, nel veronese la pratica del bouldering è sempre stata relegata a qualcosa da fare sulla plastica, con pochi adepti che nei fine settimana dirigono i loro pellegrinaggi in mete esotiche come la Val Daone cercando di trasferire sulla roccia gli estenuanti allenamenti infrasettimanali.

MA PER SCRIVERE UNA STORIA LOCALE SERVONO PERSONAGGI E, SOPRATTUTTO, AMBIENTAZIONI LOCALI, E NON È UN CASO SE IL PROTAGONISTA DELLA RECENTE SCOPERTA DI UN’AREA BLOCCHI CON DEL POTENZIALE NEL TERRITORIO VERONESE È UN ARRAMPICATORE COME ERMANNO MAISTRI, CHE NEL BOULDERING MODERNO NON VEDE SOLO IL SEMPLICE ALLENAMENTO PER LA FALESIA O LE VIE A PIÙ TIRI, MA UNA DISCIPLINA CON LA PROPRIA DIGNITÀ SPORTIVA ANCHE QUANDO PRATICATA ALL’APERTO.

 

È così che nel 2009 Maistri riscopre, rivedendola – una vera e propria “guarigione dello scalatore cieco” data la presenza di molte falesie preesistenti nello stesso settore – l’area blocchi situata nel paese di Brentino all’imbocco del Vajo dell’Orsa, formatasi da un’enorme frana indotta nel 1922 durante la costruzione della centrale idroelettrica del paese, che all’occhio degli ignari alpi-falesisti costituiva poco più che una serie ininterrotta di “marogne” (termine dialettale che sta per “mucchio di sassi”).

Fabio De Marchi sulla strapiombante prua de Il mio odio, archivio Ermanno Maistri.

Tuttavia, dopo l’iniziale periodo di frequentazione Maistri abbandonò l’esplorazione di Brentino fino al 2020, quando la pandemia costrinse tutti ai colori e alle restrizioni delle zone più o meno gialle, anche chi in quel momento si trovava esule nella mecca del bouldering mondiale: Fontainebleau. Entra quindi a far parte di questa breve storia Diego Perotti (…)».

Il testo integrale di “Breve storia del Boulder Veronese” di Diego Perotti e a cura di Claudio Migliorini è disponibile sul numero 22 di UP CLIMBING.

In copertina: Diego Perotti su Spalla di ferro, archivio Ermanno Maistri.

DS

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