SENZA PASSATO NON PASSI - Up-Climbing

SENZA PASSATO NON PASSI

Premessa necessaria: credo che ci siano sport dove i giovani che devono allenarsi hanno un rispetto assoluto, quasi una devozione, nei confronti dell’allenatore, indipendentemente dall’età e dal suo modo di esprimersi. Nel baseball il pitching coach definisce ogni attimo della preparazione del suo lanciatore, quasi gli dice quante volte deve pisciare e a che ora. E l’atleta lancia e piscia come da tabella.

Andrea nella prima salita di Gladio, 8b, Bismantova, 1995.

In scalata non è così, oppure lo è molto raramente. Il salto generazionale è percepito come un ostacolo, l’esperienza dei “vecchi” sembra spesso contare come il due di coppe a briscola quando sotto c’è denari. Tanto si trova tutto sul web. La banale constatazione che le competizioni di arrampicata siano cambiate negli ultimi vent’anni, fatto innegabile segnatamente per il boulder, viene spesso utilizzata come alibi generalizzato per resettare tutto quanto c’è stato prima della generazione corrente. Tutta l’esperienza, tutto il carico di conoscenze maturate sul come migliorare a 360 ̊ in scalata, vengono spesso valutati appena meno inutili della spazzatura. Ci sono ragazzi e ragazze che cambiano un allenatore all’anno, cercando una bacchetta magica che dia una veloce risposta alla urgenza di diventare davvero forti, di emergere, di vincere. E questi vanno ancora bene, gli altri trovano tutto sul web. Premessa conclusa, tenetela come sottofondo al resto del discorso, perché ci torneremo sopra.

Era il 1984, preistoria del climbing che conosciamo adesso, ma in qualche modo, raccattando cose qua e là, sapevamo di Edlinger e Berhault e di quello che stavano riuscendo a fare al di là del nostro confine.

Sapevamo meno di Fawcett e di Yaniro ma, un minuto di silenzio per i millennial, dev’essere chiaro che non esistevano né internet né i cellulari, Gran Bretagna e Usa erano quasi sulla luna.

Copertina della seconda edizione di “Train”, 1998.

L’importanza del passaparola, dei libri, delle riviste specializzate e delle videocassette (!) era fondamentale per carpire ai big qualche suggerimento utile per allenarsi. Avevamo per esempio imparato che i due francesi erano arrivati a fare mille trazioni nel corso di una giornata. E noi giù duri a provare a fare la stessa cosa. Avevamo visto una immagine di Gullich attaccato al suo… “pan gullich” e noi, senza arrivare a usarlo sui mono, ci eravamo buttati a costruire dei proto-travi, rigorosamente dotati di strisce di carta vetrata per carrozzieri da incollare dove si sarebbero poi messe le dita, “perché la roccia è ruvida, mica liscia come il legno!”.

Insomma, la strada l’abbiamo fatta tutta e, a parte pochi suggerimenti come quelli che abbiamo appena indicato, l’abbiamo fatta da soli, sulla nostra pelle, imboccando un sacco di vicoli ciechi per trovare alla fine le strade giuste, che sono poi le strade che seguono adesso gli ondra e i ghisolfi (…)

Andrea Gennari Daneri

Potete leggere l’articolo completo in Up Climbing #21 – Allenamento, di cui è disponibile un’anteprima qui.

Foto di copertina: allenamento con scarico, 1987. Archivio Andrea Gennari Daneri.

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