
05 Giu Sdraiato in cima al mondo
Partito il progetto di ricerca fondi per completare una scuola primaria alla base dell’Everest.
Il binomio alpinismo Everest è probabilmente il più comune. Più che un binomio però, possiamo parlare di un ossimoro (figura retorica che accosta elementi contrastanti), perché da un lato si pone la “ricchezza” dell’alpinista che organizza una spedizione onerosa e dall’altra la condizione di vita durissima delle popolazioni del luogo. Molti alpinisti infatti si sono mossi per portare questa tematica sociale alla ribalta ed aiutare la gente del posto. Sdraiato in cima al mondo è una campagna di raccolta fondi che vuole trasformare il ricordo di Cala Cimenti in un progetto concreto, che ha l’obiettivo di completare la ricostruzione della scuola primaria di Shree Pattale, distrutta con il terremoto del 2015. Al momento, la scuola del villaggio ai piedi dell’Everest conta solo nove su undici aule ricostruite e i fondi andranno a completare l’opera.
Le associazioni che promuovono l’iniziativa sono World Friends onlus, con la sezione Peaks Doc, con cui Cala collaborava, Find The Cure e Monviso Nepal Foundation, fondazione nepalese di riferimento. La raccolta fondi sarà realizzata grazie al prezioso supporto della piattaforma on line EPPELA, dove dal primo giugno è possibile donare attraverso i due link: EPPELLA 1 EPPELA 2. Il rumore mediatico generato da questa campagna è stato da subito forte e trasversale, con importanti testimonial come la Core Family, i Modena City Rambles, forti scalatori, amici e aziende con cui Cala collaborava. A monte, le menti del progetto sono Paolo Leoncini ed Erika Siffredi, che incontriamo in questa bella intervista.
Ci sono atleti che vengono ricordati più per il loro essere se stessi che per le gesta che hanno compiuto. Cala era sicuramente uno di questi, lui non era un forte alpinista, era Cala. Che eredità ha lasciato?
Erika: “Cala era un forte alpinista, uno con un buon motore, con una buona predisposizione alla fatica e sapeva andare oltre a quel disagio, a quella sofferenza che le condizioni impongono a 8000mt. Ha fatto delle grandi cose, ha scalato montagne che mi terrorizzava solo pronunciarne il nome (non ho dormito a cuor leggero né quando ha scalato il Nanga Parbat né per il Laila Peak, per citarne due), detto questo credo che Cala abbia lasciato a tutti noi molto di più di qualche record o qualche cima raggiunta. Ha vissuto tutta la sua vita con il freno a mano disinserito, l’ha vissuta a pieno senza se e senza ma, sorridendo al mondo e alle cose belle. Non l’ho mai visto arrabbiato, raramente triste. Riusciva a trasformare anche il gironi più banali in un’avventura. Amavo il suo essere autoironico; ricordo ancora le risate di quando riuscivo a convincerlo a scalare su corda (diciamo che quello non gli veniva gran che bene ma si rideva… Mannaggia quanto si rideva! Diceva che aveva le gambe troppo pesanti per essere uno scalatore e lui doveva sciare!!) Amava la neve come amava lo stare con gli amici a fare festa, c’era sempre un buon motivo per fermarsi a bere una birra. Era uno disordinato, il nostro furgone (l’ UMCP: unità mobile Cala Patata) era la nostra casa ma pronta ad accogliere chiunque, ovviamente dopo essersi fatto spazio tra il bordello! Amava viaggiare, amava la gente e voleva cambiare le cose. Aveva un profondo senso di giustizia e di responsabilità. Lo ricordo felice mente mi parlava dei progetti che voleva portare avanti con Paolo Leoncini e Francesco Cassardo attraverso l’organizzazione Wolrd Friends. Era un inquieto alla ricerca di neve e di bellezza.”
Paolo: “Ho conosciuto Cala tramite Francesco Cassardo, amico e collega di pronto soccorso, nonché referente della sezione di World Friends onlus denominata Peaks Doc World Friends, che vuole avvicinare il mondo dell’outdoor a quello della cooperazione. Da allora ho seguito le sue imprese, di indubbio valore ma sempre arricchito da una componente di autoironia, sorriso, entusiasmo che lo rende “Cala”. Quando ci siamo conosciuti ho avuto conferma di questa percezione. Cala ed io abbiamo parlato poco di imprese alpinistiche: abbiamo parlato più di progetti di cooperazione, di intersezione di esperienze, di come avvicinare mondi diversi. Abbiamo parlato di come si comunica nel mondo della cooperazione, dei termini da utilizzare, di quelli da evitare. Ogni chiacchierata un susseguirsi di entusiasmo e ideazione, creando progetti a cavallo tra l’alpinismo e la sensibilizzazione a realtà più difficili. Lo slancio nel mondo della cooperazione era pari a quello che lo caratterizzava nell’alpinismo: totale, entusiastico ma allo stesso tempo preparato e determinato. Come hai detto tu, uno stile alla “Cala”.”
Erika, Paolo, nelle vostre esperienze personali avete visto scenari diversi in tutto il mondo. Quanto siamo fortunati noi occidentali?
Erika: “Con Cala ho avuto la fortuna di viaggiare molto, avrei voluto molto più tempo a disposizione o semplicemente avrei voluto poter partire molto più spesso e più a lungo. I nostri viaggi avevano poco del turismo classico, volevamo vivere la cultura, la gente. Preferivamo partire senza grandi progetti, il viaggio si decideva strada facendo. È una domanda difficile la tua. Sai che non so se siamo più fortunati? Sicuramente abbiamo maggiori possibilità e questo ci rende agli occhi del Mondo quelli ”nati con la camicia” però in questi viaggi mi sono sempre sentita “piccola e vuota” rispetto alle persone che incontravo e che accarezzavano in quel momento la mia vita. Quei sorrisi, quel andare avanti nonostante le difficoltà, la voglia di donare quel poco che avevano a chi magari aveva ancora meno. Insomma, ti risponderei così: siamo fortunati noi occidentali ma forse non abbiamo capito nulla…”
Paolo: “Dici bene. Scenari diversi. per motivi di lavoro e di passione ho avuto modo di stare per un po’ nei cosiddetti Paesi a Risorse Limitate (un modo politically correct per definire il vecchio Terzo Mondo). Per la maggior parte sono scenari naturalisticamente meravigliosi: la foresta equatoriale, il deserto del Sahel, la savana dell’Africa orientale, la valli del Nepal, i laghi ed i lenti fiumi della Rift Valley. In questo senso non so chi sia più fortunato. Per la maggior parte sono scenari con una grande storia: l’impero del Mali, i villaggi Dogon, Dinka del Sud Sudan, Karimojong dell’Uganda, Sherpa e Gurka della bassa valle dell’Everest. Anche in questo senso non so chi sia più fortunato. Purtroppo sono scenari spesso squilibrati: paesi con malattie che non gestiscono per mancanza di risorse e farmaci, paesi con governi corrotti, dittature mascherate da democrazie, paesi in guerra, di religione, per l’acqua, minerali, paesi in guerra tra loro e con i signori della guerra, paesi mai liberati dal colonialismo, che si è solo trasformato per mantenerli soggiogati. Sono paesi in cui buona parte della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e dove non si dà il nome ai bambini prima dei 5 anni perchè molti di loro non ci arrivano… Sì, hai ragione. Siamo fortunati, fortunati ad essere nati dalla parte meno complicata del mondo, anche se, anche nei cosiddetti Paesi Sviluppati ci sono realtà di disagio estremo (fragili, anziani, senza fissa dimora ecc.) La partenza per limitare il divario tra “fortunati” e “meno fortunati” è la conoscenza dell’altro. L’idea di Peaks Doc World Friends e della collaborazione con Cala ha proprio questo obiettivo.”
Passiamo al progetto. Vorremmo sapere tutto del passato, del presente e del futuro… A voi!
Erika: “Quando ho conosciuto Cala sono entrata in contatto con gli amici di Find the Cure Onlus. Spesso organizzavano gare di Trail per raccogliere fondi per sostenere progetti (soprattutto in Africa) e Cala con orgoglio prendeva parte a queste manifestazioni indossando quella maglietta con su scritto ”IO CORRO MA NON SCAPPO”. Già, non è mai scappato se qualcuno aveva bisogno di aiuto. Dopo il terremoto in Nepal del 2015 Cala con Fabio Beozzi (grande amico di Cala, super maestro di sci di Sestriere) hanno organizzato una serata per raccogliere fondi da donare a quella terra in quel momento piegata e in difficoltà. Insomma, piccole cose da portare avanti con entusiasmo. Poi un giorno abbiamo incontrato Paolo Leoncini in falesia ed è stato amore a prima vista (Sicuramente il mio!! Ho dovuto confessare la mia debolezza anche a Chiara, moglie di vita e avventure di Paolo!). Cala e Paolo hanno iniziato subito a parlare di progetti, di possibilità, di cose da fare. Era un ”andiamo là, creiamo questa cosa, portiamo fondi per questo progetto e poi magari andiamo a scalare l’Ama Dablam insieme”. Era bello sentirli parlare, sognare ad occhi aperti. Un viaggio tra sport e grandi progetti di aiuto, con quella passione travolgente che mi faceva dire ”se lo dicono loro allora si può fare sicuramente!”. Il futuro? Oggi mi fa male, mi fa paura buttare uno sguardo in là . Mi sento minuscola e sapere di non avere più Cala al mio fianco mi terrorizza. Detto questo voglio fortemente veder realizzato questo progetto e vorrei che non fosse né l’unico né l’ultimo. Vorrei poter con l’aiuto di Paolo Leoncini, Francesco Cassardo tramite WF dare il mio contributo. Mi piacerebbe partire, andare a dare una mano o semplicemente portare un sorriso e poi sí, magari andare a scalare qualche montagna…Un passo dopo l’altro, insieme, fino in cima.“
Paolo: “Passato… Ho conosciuto Erika e Cala in falesia, l’anno scorso. Avevamo sentito parlare molto l’uno dell’altro dopo l’avventura del Gasherbrum VII. Cala e Francesco (Cassardo) avevano portato farmaci in Pakistan dando senso ad un piccolo progetto di World Friends. Poi c’è stato l’incidente di Francesco. In quella occasione e nei mesi che seguirono, pur senza conoscerci, siamo stati avvicinati da questo amico comune. Da allora ci siamo confrontati spesso, cercando di dare vita ad una idea, un esperimento: avvicinare due mondi non così lontani come quello dell’outdoor/alpinismo/ arrampicata a quello della cooperazione internazionale. Così è nata Peaks Doc World Friends. Abbiamo seguito Erika e Cala in Sicilia, nel loro vivere il mondo e la natura appieno.Presente… Da quanto “Cala è diventato un Angioletto, che ci parla nel vento” (come dice mio figlio…) Erika e i suoi amici hanno dovuto trovare la sua stessa forza. Rialzarsi, uscire dal crepaccio, riaprire la vela del parapendio, riuscire a costruire dopo una tragedia. Una serie di tasselli si sono incastrati in modo quasi inaspettato. La disponibilità gratuita di Eppela ad aiutare in una iniziativa in memoria di Cala, una richiesta di supporto da una fondazione amica del Nepal, la conoscenza reciproca tra le onlus legate a Cala (WF e FTC) hanno portato al progetto “Sdraiato in Cima al Mondo, una scuola per il Nepal”. Cala, letterato, esteta, amante della montagna e scrittore di un libro sarebbe stato entusiasta di un progetto come questo: ricostruire una scuola elementare proprio in Nepal nella bassa valle dell’Everest, una zona non battuta dal turismo alpino, una zona a Risorse Limitate. Futuro… Questo progetto vorrebbe essere l’inizio di un circuito virtuoso, che possa aprire la porte a nuove iniziative, così come quando si ragionava con Cala su una idea, che già portava in grembo il seme di altre dieci. Quali? Una delle tante? Cala è stato l’unico italiano a ottenere il titolo di “Snow Leopard”, il Leopardo delle Nevi per aver salito le cime oltre i 7000 metri dell’Ex URSS. Quale stimolo migliore per volgere la Testa a Sud e creare un alter ego africano, salendo i 5000 m dell’Africa, portando sui rotocalchi la realtà dei paesi più poveri?“
Fonte, cortesia e idea Paolo Leoncini ed Erika Siffredi
AP