
26 Set JAMES PEARSON RACCONTA THE PARTHIAN SHOT
James Pearson viene intervistato dallo staff di Climbing Radio dopo la sua salita di The Parthian Shot.
Ci sono tiri e Tiri, climber e Climber. Sicuramente James Pearson appartiene alla seconda categoria, così come l’iconico The Parthian Shot. Questa via trad sperduta nel Peak District è una delle più pericolose al mondo e fa parte di una grande eredità che giunge a noi dai precursori di questo sport. James, abituato alle salite di un certo tipo, ha effettuato la sua ripetizione a fine estate 2023. In occasione del Global Climbing Day, Marco Pandocchi e Silvia Rialdi hanno intervistato Pearson proprio riguardo a questa epica salita.
Siamo qui all’Urban Wall di Milano per il Global Climbing Day insieme a James Pearson. Grazie mille James per la tua disponibilità a questa intervista.
Grazie per avermi invitato, è un piacere.
Prima di iniziare a chiederti qualcosa sulla tua recente salita di The Parthian Shot, ti vorrei chiedere se c’è qualche novità sul processo di ripetizione di Bon Voyage.
Ottima domanda. Purtroppo non ancora. Alcune persone si sono interessate alla via e l’hanno provata, poco dopo la mia salita: Ignacio Mulero dalla Spagna, Steve Mcclure è venuto a dare un’occhiata e anche Seb Berthe. Poi purtroppo ha iniziato a fare troppo caldo per Annot e sono tutti impegnati da altre parti. Ma, da quello che sto sentendo in giro, quest’autunno verrà molta gente ad Annot, quindi chi lo sa, forse non dovremo attendere ancora a lungo per scoprire nuovi dettagli sulla via…
Passando ora alla tua più recente salita di The Parthian Shot, storica via trad nel Peak District, ti andrebbe di raccontarci la sua storia, come e quando è diventata famosa?
Parthian Shot è una via molto interessante che ha vissuto diverse fasi. La prima volta che è stata salita dal leggendario arrampicatore britannico John Dunne, nel 1989, era una delle vie trad più d’avanguardia della Gran Bretagna. Le persone davano per scontato che fosse una via dalla quale non era ammesso cadere, John stesso era terrorizzato dall’idea di cadere su protezioni incerte, posizionate in una lama che certamente non ispirava fiducia. Penso che persino lui sia salito e sceso tre o quattro volte prima di affrontare il passo chiave della via e arrivare al top. Qualche anno dopo, nel 1997, è stata ripetuta per la prima volta da Seb Grieve, che a quel tempo stava ripetendo molte delle linee più dure su gritstone. Come la maggior parte delle persone, è partito sul tiro convinto che non fosse ammesso cadere. Sfortunatamente è caduto, ma non è morto. In questo modo ha capito che forse la lama era sicura e in seguito è caduto dalla via diverse volte. Credo che, prima di liberare la via, sia caduto addirittura sei o sette volte. Ciò ha completamente demolito il mito sulla mortalità di questa via, dalla quale non era possibile cadere. Inoltre, ha aperto le porte ad altre persone, che sono venute a provarla. Nello spazio di cinque o sei anni, all’inizio degli anni 2000, da una via che terrorizzava gli arrampicatori si è trasformata in una via provata regolarmente, con la gente che ci faceva voli enormi quasi per divertimento. Molti non avevano nemmeno il livello per tentarla seriamente e, infatti, non l’hanno mai liberata, andavano semplicemente per provarla e si facevano i loro voli, così per divertirsi. Finché, purtroppo, non è stato più divertente: uno di questi climber è caduto praticamente dal top della via, rompendo la lama e arrivando a terra. È stato incredibilmente fortunato a sopravvivere, è finito all’ospedale e ci ha messo mesi per riprendersi, con una caviglia rotta, una frattura al piede e forse anche al braccio e al polso. Era in un pessimo stato insomma. L’evento ha riportato le cose al loro stato originario, in cui improvvisamente tutti erano terrorizzati dalla via. Si è dovuto attendere qualche anno prima che la via ricevesse nuovamente qualche attenzione. Infatti, non solo Will Stanhope, il climber che ha rotto la lama, ha danneggiato la principale protezione della via, rendendola più difficile da proteggere e più impegnativa psicologicamente, ma ha anche rimosso una delle prese più grandi. Le persone non erano nemmeno più certe che fosse arrampicabile. Ma, come nella maggior parte dei casi, alla fine si trova sempre un modo.
Nel 2013 Ben Bransby ha realizzato la prima ripetizione dopo la rottura del 2011. Un anno dopo è stata ripetuta nuovamente da Neil Mawson, che è riuscito a salirla posizionando tutte le protezioni durante la libera dal basso. Infatti, la maggior parte delle persone che hanno salito The Parthian Shot hanno usato protezioni posizionate in anticipo dall’alto. Questo è dovuto al fatto che la via in sé è molto difficile da proteggere, l’operazione del posizionamento del materiale è delicata, richiede molto tempo ed energie, inoltre non si ha la certezza di collocare le protezioni bene come si vorrebbe, perché si cerca anche di essere veloci. Di conseguenza si rischia di cadere perché ci si stanca, di conseguenza ci sono più probabilità di strappare le protezioni. Quindi, molte persone mettono le protezioni con la corda dall’alto e poi salgono la via. Non sono mai stato veramente d’accordo con questo metodo, secondo me bisogna posizionare le protezioni mentre si sale in libera con la corda dal basso. Neil Mawson ha fatto la prima ripetizione della via mettendo tutto il materiale dal basso, e questo secondo me rappresenta un passo importante. Purtroppo, quest’anno la via si è danneggiata nuovamente. Un altro grosso pezzo di roccia è caduto riducendo ulteriormente le possibilità di protezione. È stata poi salita di nuovo da Jacopo Larcher, che l’ha liberata nel suo stato attuale, ovvero molto più dura, posizionando tutte le protezioni dal basso. Una salita notevole. La cosa più interessante per me è che Jacopo l’ha salita in estate. È una via che ho sempre provato in inverno, perché tradizionalmente sul gritstone si scala in inverno. In realtà ho sempre trovato molto difficile riuscire ad arrivare in cima alla via riuscendo a mantenere i piedi e le dita abbastanza caldi. Quando Jacopo l’ha salita in estate, ho pensato: forse finora l’ho sempre guardata dalla prospettiva sbagliata. Ogni tanto serve l’esperienza di qualcuno che viene da fuori per sfatare certi miti sul gritstone. Quando cresci in un posto, pensi di sapere tutto e non ti concedi nemmeno la libertà di vedere le cose da un’altra prospettiva. Jacopo arriva, sale The Parthian Shot in piena estate e improvvisamente mi è sembrata un’ottima idea andare a provarla anch’io. Così siamo andati in vacanza con la famiglia e il resto lo sapete.
Anche tu hai introdotto qualche novità con la tua salita, giusto?
La differenza principale tra la mia salita e quella di Jacopo e, in effetti, di praticamente tutte quelle che l’hanno preceduta, è che da quando la lama si è rotta per la prima volta, tutti quelli che hanno ripetuto The Parthian Shot hanno pensato che fosse accettabile usare una protezione molto in alto in una via accanto. Spiego che cosa si intende per “side-runner” per quelli che non hanno molta familiarità con l’arrampicata trad. Un side-runner è essenzialmente una protezione posizionata fuori via. Ne consegue che, invece di mettere la protezione mentre si sta arrampicando sulla linea originale che si intende seguire, si sale da un’altra parte, si posiziona la protezione e poi di solito si disarrampica e si riparte sulla linea originale. A volte si usa questo metodo perché si crede che le possibilità di protezione disponibili su una via non siano sufficienti e quindi si ritiene che questo compromesso sia accettabile. Non sono qui per giudicare nessuno, ma dal mio punto di vista i side-runner sono come le protezioni messe dall’alto, cerco di evitarli il più possibile. Non penso che tra le mie salite ce ne siano molte in cui ho usato questi metodi. Di conseguenza, la scelta più ovvia per me è stata cercare di evitare quel side-runner e salirla come aveva fatto John Dunne in origine. Lo chiamiamo “side-runner”, ma in realtà si parte dalla fessura di un’altra via. Parthian Shot non ha veramente un’unica, pura linea di salita, quindi le persone salgono sempre da questa fessura, dove mettono delle protezioni nella parte bassa, prima di spostarsi sulla parte strapiombante della parete. Ciò che le persone hanno iniziato a fare è salire qualche metro più in alto nella stessa fessura per mettere un friend molto buono, che dovrebbe compensare la lama rotta. Si può quindi discutere sul fatto che sia quasi parte della via. Inoltre, la questione diventa ancora più ambigua nel momento in cui le persone iniziano a fare distinzioni del tipo: metto la protezione nella fessura solo dove ho le mani, ma non cinque centimetri, o dieci, o venti più in alto. È molto difficile stabilire dove sia il confine. Così, quello che ho deciso di fare, per rendere la cosa più chiara e lineare, è stato iniziare a salire la via da un punto diverso rispetto alla norma, da una variante più facile di Parthian Shot, che è forse leggermente più diretta, ma in ogni caso non aggiunge nulla all’arrampicata. Ciò che cambia è l’impossibilità di posizionare materiale nella fessura. Non ci si trova più nella situazione ambigua di quanto in alto si possa mettere l’ultima protezione, perché semplicemente non c’è questa possibilità. Invece, ci si ritrova sulla via con un’unica protezione in una lama piuttosto mediocre, che si è già rotta in passato e probabilmente si romperà di nuovo. Allo stesso tempo si è in alto, in cima alla parete, sentendo un’esposizione incredibile sotto i piedi sapendo che o si esce o niente, è un’esperienza incredibile.
Qual è la parte più difficile della via, secondo te?
Il crux è sicuramente la placca finale in cima, il passaggio dalla parete strapiombante alla placca. Qui bisogna fare un paio di movimenti molto delicati, tipici del gritstone, dove si tratta di capire come muoversi sulla roccia e bisogna fidarsi del grip, altrimenti il passaggio risulta praticamente impossibile. Tuttavia, dalla rottura più recente nel 2023, adesso bisogna fare anche un passaggio boulder molto duro nella parte più bassa della via, per riuscire a prendere la lama. Non ci sono più tutte quelle prese sulla lama che permettono di fermarsi e riposare. Quindi adesso è diventata una vera combinazione di fattori, un pacchetto completo. Prima si sale una sezione difficile, fisica e strapiombante per raggiungere il primo punto in cui ci si può proteggere, si mette la protezione, poi, dalla rottura del 2011, bisogna affrontare un altro movimento duro e, infine, si arriva al vero passaggio chiave. È una via completamente diversa rispetto a quando l’aveva salita John Dunne, ma il passo chiave rimane comunque quello di una volta, in cima alla via.
Nel video della salita di The Parthian Shot di Ben Barnaby, durante il tentativo della libera, Ben rimane fermo a lungo sul passo chiave in uscita, come ti sei sentito tu quando ti sei trovato a quel punto della via?
In effetti, una cosa davvero curiosa di Parthian Shot è che tutti parlano delle protezioni, se terranno o meno in caso di caduta, ma a un certo punto la questione diventa quasi irrilevante perché la protezione è comunque troppo bassa per evitare che il climber arrivi a terra, anche se tenesse. Ed è proprio questo il momento in cui si vede Ben impiegare molto tempo per riuscire a fare un tremendo cambio piede. Poi, una volta fatto il ribaltamento sulla placca, ci sono ancora tre movimenti per arrivare alla sicurezza delle prese buone in cima alla via, e a questo punto non è assolutamente ammesso cadere, in nessun caso. Tuttavia, se devi fare il cambio piede su questa presa, come ha fatto Ben e come devono fare i climber più bassi, si aggiunge sicuramente un elemento in più. Chi è leggermente più alto, invece, può evitare il cambio piede andando direttamente a uno spalmo di fiducia sulla placca, che è pessimo, ma almeno si vede, mentre il cambio piede è sia tecnico che cieco. Quindi, direi che il mio metodo per arrivare al top, essendo un po’ più alto, è forse un pochino meno terrificante. Non ho invidiato per nulla la posizione in cui si sono trovati i climber più bassi, in particolare quella di Ben, che aveva anche la corda impigliata tra i piedi.
Un altro aspetto cruciale di questa via è il posizionamento delle protezioni. Ti va di raccontarci come l’hai affrontato?
Il posizionamento delle protezioni su Parthian Shot è una questione difficile da valutare. Seguo un mio metodo per affrontare le salite trad, valutare le protezioni e valutare la via. Assegno a ognuna delle protezioni che metterò sulla via un punteggio da 1 a 10. 1 è una protezione assolutamente pessima che regge a malapena il proprio peso ed è già tanto se rimane in parete, senza nemmeno moschettonare la corda, 10 è un friend posizionato in maniera assolutamente impeccabile in una fessura perfetta di granito solido, al quale potreste appendere anche un elefante. Per Parthian Shot nessuna delle quattro protezioni che ho usato era particolarmente buona di per sé, erano tutte tra 3, forse 4, e 6 su 10. Ma ciò che ho cercato di fare è stato di posizionare queste protezioni in un modo specifico e bilanciarle con la lunghezza dei rinvii, in modo da distribuire il più possibile il carico tra le quattro. Così, nonostante per nessuna di esse fossi certo che avrebbe tenuto un’eventuale caduta dal top della via, penso che ci fossero comunque buona probabilità che, se posizionate perfettamente, tutte insieme avrebbero tenuto la caduta. Quando ero sulla via, non mi sentivo assolutamente come se stessi arrampicando in free solo. Ero convinto che ci fossero buone probabilità che le protezioni avrebbero tenuto una caduta, quindi sarebbe stato sicuramente molto più spaventoso arrampicare in free solo. Per me la questione cruciale era prendermi il tempo necessario per mettere le protezioni nel miglior modo possibile. Si tratta, per esempio, di essere certi che l’elemento scorrevole del ball nut sia collocato esattamente dietro un certo cristallo affinché rimanga fermo, perché se si mette mezzo centimetro a destra o a sinistra, o sopra o sotto, c’è il rischio che si sposti. È un metodo estremamente tecnico e di precisione, ma se si procede correttamente, si hanno buone probabilità che le protezioni tengano la caduta.
Com’è possibile vedere in Hard Grit, c’è una grande differenza tra la quantità di protezioni che hai usato tu e quelle usate da Seb Grieve durante la prima ripetizione del 1997…
Sì. Forse dico qualcosa di impreciso, ma penso che la storia voglia che Seb abbia messo dieci o undici protezioni nella lama. A quel tempo era possibile, ora non lo è più perché due delle parti principali della lama sono ormai rotte. La parte migliore era quella in alto e, dopo la ripetizione di Seb, le persone hanno iniziato a metterci persino un friend; penso sia una delle ragioni per cui alla fine la lama si è rotta, perché il friend applica molta più forza di espansione sulla roccia rispetto a un nut. In ogni caso, uno dei motivi per cui Seb ha potuto usare così tante protezioni è perché le ha messe in anticipo con la corda dall’alto. Con questo approccio è possibile preparare tutto nel miglior modo possibile, ma si toglie anche un elemento di “serietà” alla salita.
Infine, hai altri progetti in Gran Bretagna o ti piacerebbe cambiare destinazione?
Ho sempre progetti in Gran Bretagna, ma ora che vivo in Francia durano molto più a lungo. La cosa bella è che la comunità di arrampicatori apre continuamente nuove vie, così insieme a diverse vie del periodo di Hard Grit che non ho ancora fatto e che mi piacerebbe salire un giorno, ci sono anche tante vie nuove ogni anno. Insomma, c’è molto per tenermi occupato in Gran Bretagna, ma al momento vorrei soprattutto rimettermi in piena forma con l’arrampicata sportiva e tornare ad Annot per aiutare le persone a provare Bon Voyage e magari cercare nuove linee.
E magari la prossima volta ci andrai in estate!
Forse. In effetti, ultimamente siamo andati in Gran Bretagna soprattutto nel periodo di Natale e siamo riusciti a mala pena a scalare, andare in estate significherebbe evitare il periodo natalizio ed essere là quando fa un po’ più caldo.
Il podcast contenente l’intervista integrale è disponibile su Spotify.
Fonte e trascrizione Silvia Rialdi – Climbing Radio
Cortesia foto James Pearson
Alessandro Palma