
27 Ott INTERVISTA A FABIAN BUHL
Volare, scalare e… ancora volare
Boulder, arrampicata sportiva, alpinismo: Fabian Buhl ha dimostrato negli anni di essere un atleta davvero completo.
Attualmente però i suoi interessi convergono in un’attività specifica: le “combo”. Di che si tratta? Ce lo spiega lui in questa breve intervista.

Divertimento condiviso in discesa dalla Cima Brenta
Il tuo livello in tutte le discipline, dall’arrampicata sportiva all’alpinismo, dal boulder all’alta quota, è impressionante. Come fai a mantenerlo? Oltre al necessario talento naturale, immagino che l’allenamento sia fondamentale. Che tipo di preparazione segui?
Non mantengo lo stesso livello tutto l’anno. Se vado in spedizione faccio molto cardio e cerco di trascorrere più tempo in montagna. L’anno scorso ho investito una quantità pazzesca di tempo nel parapendio, semplicemente perché è la mia parte più debole. E credo che le “combo” (alpinismo+parapendio) siano un modo fantastico e divertente per fare molte belle salite in Pakistan. Sono veramente motivato.
Ora in autunno mi dedico di più alla roccia per mantenere una certa forma fisica nell’arrampicata. Ma onestamente negli ultimi due anni non ho più avuto un vero progetto di boulder o arrampicata. Sono sempre più interessato all’alpinismo in ambiente.
Qual è il tuo rapporto con le attività ad alto rischio? Oggi è di moda parlare soprattutto di “sicurezza” ma spesso ci dimentichiamo che il rischio consapevole è la chiave di discipline come l’alpinismo e il multipitch trad. Il rischio fa parte del gioco e ne determina l’intensità. Cosa ne pensi?
Di sicuro si rischia e anche io corro rischi, ma cerco di calcolarli molto bene. Penso che, quando si pratica questo sport per molto tempo, si è disposti ad accettare rischi maggiori rispetto alle persone che fanno attività rischiose solo una volta all’anno.
Mi trovo praticamente tutto l’anno in un ambiente in cui devo affrontare le conseguenze delle mie azioni. Ma per me questa è una routine, non voglio essere al sicuro, sono felice di prendere la responsabilità delle mie azioni e di viverle pienamente, ne ho bisogno per stare bene.
Abbiamo visto il video “Flight mode” in cui parli anche del rapporto tra social media e alpinismo. Crediamo che, proprio per via dei social, lo stress da prestazione e la pericolosa spinta all’emulazione siano problemi che affliggono gli alpinisti a tutti i livelli. Secondo te è meglio spegnere il telefono, rischiando di perdersi qualche informazione preziosa sulle condizioni delle vie, oppure c’è un modo per fare buon uso di questi nuovi strumenti?
Perché abbiamo del cellulare su una via o in montagna? Di sicuro lo usiamo per scattare foto o navigare, ma io non ne ho veramente bisogno. Sono felice di essere lì con il mio compagno di cordata e di arrampicare. Posso tralasciare il mondo virtuale per un po’.
Ho scritto e detto molto sui social media, in ogni caso non potremo cambiare questo né io costringerò qualcuno a fare diversamente. Semplicemente non mi piace, perché manca di profondità e di realtà.
Sempre in tema di strumenti, ma in termini più materiali, parliamo del parapendio utilizzato in alpinismo, ricordando la tua fantastica esperienza del 2020 al Cerro Torre, quando ti sei lanciato dal fungo sommitale dopo l’ascensione della Via dei Ragni. Quella è stata la una delle tue prime esperienze di paralpinismo? Ne seguiranno altre?
Sì, il Torre ha dato il via a uno stile di alpinismo che voglio sviluppare sempre di più. Per me è un terreno di gioco infinito. Da due anni ne sono assorbito e tutte le mie ascensioni sono “combo”. O volare e atterrare per sciare, o volare da qualche parte e poi scalare una montagna. Questa primavera sono stato in Pakistan insieme a Will Sim. Abbiamo realizzato la prima ascensione della Gulmit Tower (5800 m) dopo essere atterrati alla sua base. Tutti gli altri alpinisti che hanno tentato sono stati costretti a camminare per tre giorni. Noi volando siamo arrivati in un’ora al campo base e abbiamo iniziato a salire. Ho molte idee per questo tipo di stile e sono sicuro che sempre più persone proveranno a scalare le montagne in questo modo nei prossimi anni.
Il paralpinismo è interessante anche per i comuni mortali. Pensa per esempio a una classica delle Alpi come la Traversata delle Jorasses: a chi non piacerebbe ripeterla in piena estate, quando la roccia è asciutta e calda, ma evitando la pericolosissima discesa con un’unica, lunga planata fino in fondovalle? I cambiamenti climatici rendono sempre più complicate le vie di discesa dai giganti delle Alpi. A tanti piacerebbe poter volare. Credi che l’evoluzione dei materiali e delle tecniche permetterà in futuro una maggiore diffusione del paralpinismo?
L’attrezzatura è già così leggera e sicura che tutti possono imparare a volare. Su terreni di media difficoltà non cambia molto se porti con te 1 kg di parapendio per scendere volando. La discesa a piedi è decisamente più pericolosa. Per esempio non scenderò mai più a piedi dal Monte Bianco. Scendere planando è molto più bello e più salutare per il corpo.
Tornando con i piedi per terra, vorremmo chiederti qualcosa sui tuoi prossimi progetti. La tua attività è estremamente varia, su cosa sei focalizzato al momento?
Per me il futuro è sicuramente unire parapendio e alpinismo. Non solo per la discesa. Penso che il vero vantaggio del parapendio è che è possibile usarlo come mezzo di trasporto per raggiungere le montagne, quindi scalarle e tornare alla civiltà. Rende le spedizioni molto più comode, dato che non è più necessario aspettare per settimane in qualche ombroso campo base.

In cima alla Gulmit Tower
Foto in copertina: accesso aereo al campo base della Gulmit Tower.
MR. Foto cortesia Fabian Buhl e La Sportiva