Monte Disgrazia Diretta sud - Up-Climbing

Monte Disgrazia Diretta sud

 
 
 
L’accademico ticinese Floriano Martinaglia ha percorso nei giorni scorsi la Diretta sulla parete sud del  Monte Disgrazia, nelle Alpi Centrali, una via raramente ripetuta che si sviluppa sul versante dominante la piana di Predarossa in Val Masino. L’itinerario fu aperto nel giugno del 1897 dalla cordata capeggiata dalla celebre Guida svizzera Christian Kluker con Anton Von Rydzewsky, Mansueto Barbaria e A. Dandrea. Un’ interessante variante sul tratto di roccia finale è stata tracciata nel 1955 da Bregani e Vanelli (IV/V).
 
L’accesso a questo versante del Monte Disgrazia avviene dalla Val Masino e precisamente da Cataeggio – frazione Filorera – seguendo per Sasso Bisolo/Predarossa, una strada a pagamento porta fino all’inizio della estesa piana di Predarossa. In circa 1.30/2 ore si raggiunge il rifugio Ponti (indicazioni sul posto) base per le ascensioni al Monte Disgrazia.
 
 
 
 
MONTE DISGRAZIA, Direttissima parete sud
 
 di Floriano Martinaglia
 
Il Disgrazia è una montagna che mi ha sempre affascinato, affacciato nella sua maestosa solitudine sulla Valtellina. La sua storia ed il suo nome sono legati a leggende e a nomi di personaggi particolari, a partire dal reverendo Leslie Stephen, che ne compì la prima salita, passando poi per i conti Francesco Lurani e Aldo Bonacossa, profondi conoscitori del Masino.
Da tempo volevo tornare sulla montagna seguendo una via poco ripetuta; così la scelta è caduta sulla direttissima alla parete sud.
 
È un fresco lunedì mattina a Preda rossa. La gente a quest’ora si sveglia per recarsi al lavoro. Io e Marina ci incamminiamo, dopo una notte passata sotto le stelle, verso la morena del ghiacciaio. Abbiamo scelto di cominciare così la nostra settimana.
 
I torrenti sono gonfi d’acqua, tuttavia lo zero termico è piuttosto basso; meglio così, almeno incontreremo neve dura nel couloir. Su questa montagna ci sono stato già tre volte, dalla parete nord, dalla “Corda molla” e dalla via normale. Oggi voglio salire il bastione roccioso del versante sud, percorso nel 1955. Non so dove passa la via, ma ho presente il disegno con il tracciato appeso nel refettorio del rifugio Ponti,
 
Alle otto siamo all’altezza del rifugio, al di là della morena, e verso le dieci raggiungiamo la terminale, percorsa da una cascatella d’acqua. È il momento di alleggerire lo zaino ed appendersi tutta la ferraglia all’imbrago. La neve dura è una manna dal cielo, così in un’ora siamo sotto i tetri bastioni rossastri della parete sud. Scelgo lo sperone più diretto alla vetta, ed in cuor mio spero che le nebbie galleggianti sopra i Corni Bruciati non arrivino fin qui ad imbronciare l’orizzonte.
 
Salgo maldestramente tastando tutto ciò che mi arriva fra le mani. Purtroppo la speranza di una roccia sana, quanto quella sul versante opposto, se ne va come il cielo azzurro che ora ha lasciato il posto ad un grigio lattiginoso. Non so dove sia la cima, e lo sperone si perde fra canalini intasati di ghiaccio scollato e torri rossastre in bilico sull’abisso. Ora Marina è solo una voce che mi segue alle soste, inghiottita dalle nebbie. Poi il cielo torna a rischiararsi e sopra le nostre teste appare la torre finale che sostiene la vetta. Entriamo in un colatoio orlato di concrezioni ghiacciate che mi ricordano le splendide cascate di quest’inverno. Adesso ricomincio a divertirmi!
 
Gli ultimi metri scivolano via senza storia, e d’un tratto mi trovo ritto in piedi davanti al cippo trigonometrico di vetta. Recupero Marina mentre il sole è tornato a splendere sul Masino. La val di Mello con i suoi scudi di feldspato è sotto di noi. Scendiamo al bivacco “Rauzi”, qualche metro sotto la cima, tanto per sfogliare il libro dei passaggi con la sua copertina di tela blu e ritrovare orgogliosi i nostri nomi, invecchiati di parecchie pagine.
 
Sono passati 23 anni dalla prima volta che misi piede quassù, e di nuovo come spesso accade, mi ritrovo ad aggrapparmi ai ricordi. Ancora una volta ho commesso l’errore di tornare sulla stessa montagna, dove nulla è cambiato, le rocce ed il bivacco sono sempre al medesimo posto; solo gli scivoli della parete nord sono un po’ “smagriti, ed io ho qualche ruga in più sulla fronte e una riserva di calorie in meno da spendere. Marina fotografa la sua Val Gerola, e forse silenziosamente si lascia trasportare pure lei dai ricordi…
 
Ora la neve si è ammorbidita sulla cresta ovest. Scendiamo incrociando due alpinisti partiti dal Ponti, poi sul ghiacciaio di Preda rossa ci lasciamo scivolare, mentre i vapori che salgono dal fondo valle avvolgono di nuovo la cima della montagna.

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