26 Set TRAGEDIA SUL NANGA PARBAT
Gravissima perdita per l’alpinismo italiano è la scomparsa di Karl Unterkircher, mentre con i compagni Simon Kehrer e Walter Nones stava aprendo una nuova via in territorio pakistano sull’inscalato versante Rakhiot del Nanga Parbat 8125m, nona cima della terra. L’alpinista della Val Gardena il 15 luglio è caduto in un crepaccio a quota 6.800 metri. I suoi compagni, per la difficile posizione in cui si trovavano, sono stati impossibilitati a prestargli soccorso ed hanno dovuto nonostante questa tragedia proseguire verso l’alto, utilizzando l’unica via di fuga sicura dalla montagna. Nei giorni successivi all’incidente hanno percorso la ripida parete Rakhiot fino al ghiacciaio Bazin, da dove contavano di raggiungere la via Buhl e di scendere da essa. Il maltempo li ha però bloccati nella loro tenda a 7000 metri. In seguito con gli sci sono divallati a 6600 metri Subito dopo la notizia della morte di Unterkircher sono partiti per il Pakistan le guide alpine Silvio Mondinelli e Maurizio Gallo per organizzare i soccorsi sul posto. Avvistati gli alpinisti sulla montagna hanno effettuato dei voli di ricognizione con l’elicottero, sganciando un sacco con viveri e telefono satellitare. Una volta in contatto con loro, hanno individuato un luogo adatto al recupero a quota 5600 metri dove finalmente, dopo 10 giorni dall’incidente, sono riusciti a prelevarli con l’elicottero e portarli al campo base. Si è trattato dell’operazione di soccorso forse più mediatizzata della storia dell’alpinismo che ha suscitato un ampio dibattito nel mondo della montagna per la inusuale spettacolarizzazione della vicenda. Karl Unterkircher aveva 38 anni: nel 2004 nel corso di una sola stagione aveva scalato Everest e K2, nel 2007 con Hans Kammerlander ha salito l’inviolato Jesemba (7350m), ambita cima tra Tibet e Nepal e nello stesso anno messo a segno, con Daniele Bernasconi e Michele Compagnoni, un colpo di gran classe sulla complessa nord del Gasherbrum II, una splendida salita in stile alpino che gli era valsa parecchi riconoscimenti. Non era un collezionista di ottomila, ma un grande interprete del vero alpinismo esplorativo sulle più alte montagne del pianeta.