CARE BEAR TRAVERSE PER DELLA BORDELLA E GHEZA - Up-Climbing

CARE BEAR TRAVERSE PER DELLA BORDELLA E GHEZA

Concatenamento in cresta di Aguja Guillaumet, Aguja Mermoz, Pilastro Goretta e Fitz Roy

Matteo Della Bordella e Leonardo Gheza hanno concluso in tre giorni la Care Bear Traverse, traversata di cresta nel massiccio del Fitz Roy che tocca le cime di Aguja Guillaumet, Aguja Mermoz, Pilastro Goretta e del Fitz Roy stesso.

coll. Matteo Della Bordella/Leonardo Gheza

La Care Bear Traverse è stata realizzata per la prima volta dagli americani Dana Drummond e Freddie Wilkinson nel 2008, in tre giorni, con un bivacco in cima all’Aguja Mermoz e un secondo bivacco sulla cresta sud dell’Aguja Val Biois. Il nome nasce dalle condizioni incontrate durante la traversata, con una meteo non molto buona. I due scalatori trovatisi tra le nuvole si sono lasciati ispirare da un celebre cartone animato americano, “Care Bears”, che andava in onda negli anni Ottanta. I protagonisti di questo cartone vivevano tra le nuvole, come loro sul Fitz Roy.

L’obiettivo originale di Matteo Della Bordella e Leonardo Gheza non era la Care Bear Traverse, ma la Fitz Roy Traverse, compiuta da Tommy Caldwell e Alex Honnold dal 12 al 16 febbraio 2014. Un lungo viaggio in cresta di oltre 5 chilometri con quasi 4000 metri di dislivello e difficoltà fino al 7a (5.11d) C1 65 unendo le cime dell’Aguja Guillaumet, dell’Aguja Mermoz, del Cerro Fitz Roy, dell’Aguja Poincenot, dell’Aguja Rafael Juárez, dell’Aguja Saint-Exúpery e dell’Aguja de l’S.

Matteo e Leonardo, partiti con l’ambizione di effettuare la prima ripetizione di questo ambizioso percorso, hanno salito con successo l’Aguja Guillaumet, l’Aguja Mermoz, il Pilastro Goretta e il Fitz Roy. A quel punto però sono scesi a valle. “Avevamo ancora viveri ed energie, ma visto il maltempo in arrivo abbiamo preferito rientrare” spiega Matteo.

coll. Matteo Della Bordella/Leonardo Gheza

“Il nostro obiettivo era il Fitz Traverse, sulle orme di Caldwell e Honnold” racconta Matteo. “L’idea è di Leo (Leonardo Gheza, nda). Quando me ne ha parlato qualche mese fa mi sono subito chiesto se fossi pronto per una sfida così grande”. Nessuno, dopo Caldwell e Honnold, ha mai ripetuto la lunga traversata sul filo di cresta del Fitz Roy. Solo Sean Villanueva O’Driscoll, che nel febbraio 2021 ha completato quello che ha battezzato come Moonwalk Traverse, si è mosso lungo l’intero filo di cresta del massiccio. Il belga, a differenza dei primi due, si è però mosso nel senso opposto, cioè partendo dell’Aguja de l’S e terminando sull’Aguja Guillaumet. Un progetto completamente diverso rispetto a quanto realizzato dai due americani.

“Questa non era la finestra perfetta in cui fare il tentativo, ma dopo la nuova via sull’Aguja Mermoz eravamo motivati, così abbiamo deciso di andare”. Lasciata El Chaltén lo scorso 16 gennaio, i due hanno cominciato a salire verso la cima dell’Aguja Guillaumet martedì 17 gennaio. “Siamo partiti bene, a un buon ritmo. Alle 17 eravamo già oltre l’Aguja Mermoz”. Con l’arrivo della sera i due si sono preparati a un primo bivacco in una tenda leggera. “Il secondo giorno, il 18 gennaio, abbiamo scalato il Pilastro Goretta per la Via Casarotto. Un percorso incredibile, ci tenevo a ripeterlo. Non posso dire che sia facile, ma entusiasmante. In alto siamo stati rallentati dalle difficoltà”, ma comunque alle 17 Matteo e Leonardo sbucano sulla cima. “Qui si ci siamo trovati di fronte al primo vero ostacolo: dal pilastro è necessario affrontare ancora circa 300 metri per raggiungere la cima del Fitz Roy. Avremmo potuto provarci subito, ma lungo la parete scorreva una cascata d’acqua e tirava un vento molto forte”. Così i due hanno scelto di bivaccare in cima al Pilastro. Durante la notte la cascata si è asciugata e al mattino i due alpinisti hanno attaccato le ultime centinaia di metri che li separavano dal Fitz Roy.

Raggiunta la cima, e completata la Care Bear Traverse, Matteo e Leonardo hanno deciso di interrompere il concatenamento. “Stavamo bene, i materiali erano ok, avevamo ancora tante energie da spendere, ma stava arrivando il maltempo, così abbiamo preferito non prendere rischi eccessivi”. Dopo essersi calati per la Via Franco-Argentina i due hanno fatto direttamente rientro a El Chaltén.

“Siamo molto contenti della scalata, di com’è andato questo primo tratto di traversata. Ora sappiamo che non è fuori dalla nostra portata” spiega Matteo. “La cordata con Leo ha funzionato alla grande. Siamo andati veloci, nonostante gli zaini pesanti. Abbiamo scalato spesso in corserva, con fiducia totale. Tutte cose per nulla scontate”. Ora è tempo del riposo. “Anche se non abbiamo spinto al massimo mentalmente, a livello fisico è stata una traversata impegnativa. Abbiamo ancora tempo a disposizione, magari si potrebbe valutare un secondo tentativo. Vedremo nel mese di febbraio”.

MR da comunicato stampa. Immagini: coll. Matteo Della Bordella/Leonardo Gheza.

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