20 Apr Rock Warrior’s Way
La Rock Warrior’s Way è un metodo rivoluzionario per i climber che vogliono migliorare le loro prestazioni e, allo stesso tempo, godersi di più l’arrampicata.
Questa tecnica, basata sull’allenamento mentale, è stata sviluppata da Arno Ilgner nell’arco di dieci anni, lavorando con centinaia di studenti. Tiene anche corsi specifici sul movimento che aiutano a migliorare l’equilibrio e l’efficienza delle prestazioni. Vive con la sua famiglia in Tennessee e insegna principalmente negli Stati del Sud-est, ma si sposta anche in altre aree degli USA per tenere corsi e fare presentazioni. Alpinisti di parecchi Stati, anche lontani, hanno frequentato i suoi corsi: Canada, California, Florida e New York. Recentemente ha cominciato a lavorare anche con i giovani arrampicatori della categoria pre-agonismo.
Il metodo, nella sua versione italiana, è stato pubblicato con Versante Sud nel 2009.
D: Arno, ci puoi spiegare che cos’è la Rock Warrior’s Way?
R: La Rock Warrior’s Way consiste essenzialmente nel concetto di attenzione, e in quello che ci facciamo.
D: Quali sono state le tue fonti principali? Come hai spiegato, hai letto molti testi, hai studiato diverse teorie, e hai sperimentato in pratica. Puoi citare alcuni dei tuoi riferimenti?
R: Certo! Ho letto molto: filosofia orientale, come lo Zen, occidentale, come Platone e Aristotele, diversi manuali di auto-aiuto, di autori statunitensi, ma anche, se consideriamo la tematica del guerriero, e soprattutto i testi che fanno riferimento a concetti come consapevolezza e attenzione, le opere di autori come Carlos Castaneda, che dedica molta attenzione a questi temi.
D: Uno dei temi centrali di Rock Warrior’s Way è la "responsabilità" che deve caratterizzare la nostra arrampicata.
Puoi spiegarci meglio?
R: Parlo soprattutto della necessità di assumersi la responsabilità, di accettare la responsabilità delle scelte che siamo chiamati a fare quando arrampichiamo. L’arrampicata è molto pericolosa, lo sappiamo, ma possiamo compiere un percorso che ci porterà a capire le conseguenze delle decisioni che prendiamo, e saremo capaci di concentrarci al massimo nel momento in cui passiamo dalla decisione all’azione.
D: Uno degli elementi fondamentali della Rock Warrior’s Way, oltre alla concentrazione, è la respirazione.
R: Certo, la respirazione. Quando stiamo facendo qualcosa di impegnativo, tendiamo a trattenere il respiro e siamo tesi, irrigiditi. Restare più calmi e rilassati possibile quando siamo impegnati nella sfida della scalata ci aiuta ad affrontare tutto meglio. La respirazione diventa essenziale.
D: la Rock Warrior’s Way è fatta essenzialmente di sette punti. Come si sviluppa, più di preciso?
R: Ogni volta che ci assumiamo un rischio, dobbiamo essere preparati, compiere una decisione e impegnarci nell’azione. E i sette passi della Rock Warrior’s Way ci aiutano in questo. Molte persone, soprattutto negli USA, non accettano la responsabilità delle situazioni in cui si trovano, e si concentrano soprattutto nel dare la colpa a qualcos’altro: alle altre persone, a scuse come "non sono abbastanza forte", invece di accettare semplicemente la situazione in cui si trovano, le loro condizioni oggettive e concentrarsi a partire da quelle.
D: Pensi che negli ultimi anni l’atteggiamento dei clinker sia migliorato o peggiorato?
R: Penso che oggi ci siano a disposizione molti più strumenti per dedicarsi seriamente all’arrampicata; quando ho iniziato ad arrampicare, non c’erano istruttori, l’attrezzatura era quello che era, e di fatto imparavamo con l’esperienza diretta.
D: Un altro degli elementi centrali della Rock Warrior’s Way è la caduta. Perché è così importante? E come si impara a cadere?
R: Molti climber – e credo che sia un elemento comune a tante persone – hanno la tendenza a non affrontare le conseguenze delle proprie decisioni e azioni. La conseguenza più comune dell’arrampicata è cadere. E spesso i clinker non vogliono affrontarla, non guardano in basso, cercano di evitare in tutti i modi di cadere. La Rock Warrior’s Way ci insegna ad affrontare la caduta direttamente, imparando a cadere con incrementi progressivi, da altezze via via maggiori – il tutto deciso in piena responsabilità.
D: Ci sono metodi specifici?
R: Beh, sì. Iniziamo con un esercizio in top-rope; le persone si limitano a pendolare appesi alla corda, si tratta di prendere confidenza con la catena di assicurazione. Si fanno esercizi di respirazione, ci si abitua alla sensazione, poi si inizia a fare piccole cadute in top-rope. Sono i climber a decidere quando sono pronti a fare una caduta più lunga, e a decidere di quanto lo sarà. Si tratta di farci l’abitudine, di avere fiducia nel sistema di assicurazione, e via via si simulano cadute sempre più lunghe, anche da primi. Il tutto avviene lentamente, per passi successivi. Quindi sì, è un metodo estremamente specifico.
D: L’arrampicata ti ha insegnato qualcosa, rispetto alla vita di tutti i giorni?
R: Credo che la cosa più importante che ho imparato è che ogni volta che si affronta una sfida si deve procedere per piccoli passi, gradualmente. Ogni giorno della mia vita è fatto di piccole sfide, in effetti: magari sono impegnato nella scrittura di un libro, o nell’aiutare mia figlia a imparare, per esempio facendo i compiti con lei, o a trovare piccoli passi che mi aiutino a progredire nella direzione che ho scelto di seguire. Credo che questo sia stato l’insegnamento più importante che ho ricevuto dalla Rock Warrior’s Way.