Asso di Picche, 85 m, WI5+/6 - Up-Climbing

Asso di Picche, 85 m, WI5+/6

“Una via molto speciale, bella, difficile, perfetta in tutti i suoi sensi, magia pura, natura unica”. Così gli apritori descrivono la cascata Asso di Picche.

La cascata si trova di fronte all’abitato di Tassei (BL). I primi salitori, Santiago Padrós e Valter Salvadori, hanno trovato buone condizioni con ghiaccio plastico e asciutto.

Di seguito il racconto di Valter Salvadori.

Con te andrei in capo al mondo, sia da amico che da cliente. Una frase che ho ripetuto più di una volta a Santi. Mai avrei immaginato che l’avventura più incredibile con lui l’avrei vissuta proprio qui, fuori dalla porta di casa.
Abito nelle Prealpi Bellunesi, dalle creste del “mio” colle ammiro sia Venezia che la Marmolada. Il Nevegàl è molto frequentato per la possibilità di praticare le svariate attività invernali o le escursioni estive, ma apprezzato anche per la sua posizione panoramica.
Durante la stagione invernale divento un addetto agli impianti di risalita, tutti i giorni salgo con le pelli e tutti i giorni vedo lo stesso panorama. Ma non mi stufo mai, perché è come guardare la persona amata. Cerco le sfumature dei tramonti, le rughe delle penombre, la sinuosità delle sue forme. Ed è proprio cercando sempre con lo sguardo qualcosa di nuovo che noto dei pezzi di ghiaccio attaccati a una parete a un paio di chilometri in linea d’aria. Per ben tre inverni l’ho tenuta d’occhio, ma o rimaneva distinta in tre tronconi, oppure si formava a febbraio, quando ormai il sole la riscaldava troppo: la colata è esposta a est, a circa 750 metri di quota.
Quest’anno l’inverno è di quelli veri e l’11 gennaio decido di mandare una foto a Santi. Si vede benissimo che non tocca a terra, ma la linea è seducente. Gli dico anche che secondo me è inviolata e lui mi risponde super entusiasta: «Mettiamoci d’accordo che la prossima settimana l’apriamo».
Nove giorni dopo, il 20 gennaio, ci troviamo per decidere se arrivare all’attacco da sopra o da sotto. Più ci avviciniamo con l’auto e più ci appare chiaro che la soluzione meno incasinata è da sopra. Parcheggiamo l’auto in una proprietà privata, lasciando ben visibile un biglietto di scuse per l’intrusione, spediamo il drone a filmare il percorso, ci addobbiamo e partiamo con le ciaspole nel bosco fitto. Raggiunto il vertice attrezziamo una sosta e ci caliamo. Mentre sentivo Santi che corteggiava la struttura con commenti meravigliati, io rimanevo senza parole.
Forme incredibili di fiori, cavolfiori, carciofi, candelabri… mi chiedevo come salire senza rovinarla, senza rompere niente. Sembrava l’isola di Murano dove se ti giri con lo zaino devasti un negozio di vetro soffiato.
Messo da parte lo stupore iniziamo ad affrontare questa delicata meraviglia. Quando arrampico con Santi osservo sempre i suoi movimenti, il suo partire deciso come se già sapesse come risolvere l’enigma. Silenzio totale mentre lo assicuro per i primi dieci metri da fiato sospeso, si muove come un felino su un lampadario di cristallo, le viti che entrano nel vuoto mi fanno ricordare che la base si è attaccata a terra solo due giorni prima. Quando si rende conto che il peggio è passato arriva l’urlo liberatorio. Solo allora inizio a fare le foto.
Santi riparte per altri venti metri prima di attrezzare una sosta per spezzare la tensione. Poi è il mio turno, consapevole che per questo tratto delicato verticale e anche un po’ strapiombante dovrò metterci tutta la forza, la determinazione e la volontà, perché si possa portare a termine quest’avventura.
Passato quel tratto dove non ricordo nulla, sopra è ancora dura, ma ormai ero in ballo e mai mi sarei fatto parancare. Tiro come una bestia fino alla sosta, cercando le fessure e di battere il meno possibile.
La sosta è comoda, ancora lunghi momenti di attenzione su un passaggio verticale e poi quando Santi sparisce dalla mia vista, aspetto il momento in cui vedrò le corde fermarsi.
Tocca a me, ancora qualche metro di verticale, dove mi brucio per togliere le viti, e inizio a vedere la macchina fotografica di Santi che mi scatta decine di foto dalla sosta prima del tratto facile. All’improvviso sento un botto nella struttura, Santi dalla sosta mi dice di battere più piano, ma ero fermo, non sono stato io gli rispondo.
L’ultimo tiro facile mi svuota la testa. Penso a tutti gli anni trascorsi in questi luoghi selvaggi, alle poche persone che abitano questa valle tanto amata dallo scrittore Dino Buzzati, con il gruppo dolomitico della Schiara che domina Belluno. Penso a questa cascata proprio alle sue porte, mi faccio prendere dall’emozione per questo regalo che solo un amico come Santi te lo può porgere nel piatto. Il nome “Asso di Picche” mi è venuto spontaneo, l’Asso in questione è lui, le Picche sono i suoi artigli.

 

Prealpi Bellunesi (Veneto)
Asso di Picche
Santiago Padrós, Valter Salvadori, 20 gennaio 2021
85 m, WI5+/6

 

Materiale. Classico da ghiaccio, 11-12 viti, 2 corde da almeno 50 m.

Accesso. Lasciare l’auto lungo la strada per la frazione Valmorel di Limana (BL). Una strada sterrata conduce a una cascina e al greto del torrente dal quale ha origine la colata (vedere mappa tra le immagini qui sopra). Portarsi al culmine della stessa e scendere alla sua base con due doppie, la prima su albero (30 m), la seconda su cordone (50 m). 30’.

Relazione.

L1: WI5+/6, 30 m;

L2: WI5, 25 m;

L3: WI3+, 30 m.

Rientro. Lungo il percorso d’accesso in 15-20’. 

Relazione e immagini fornite da Santiago Padrós e Valter Salvadori.

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