
27 Dic Strapazzati dalla luna piena, 470 m, ED+, 90°, M6+, AI5
Emanuele Andreozzi, Matteo Faletti e Francesco Nardelli hanno aperto Strapazzati dalla luna piena, una nuova via sulla parete nord della Cima Busazza.
Si tratta di un percorso tracciato in condizioni severe, con passaggi aleatori, delicati e difficili da proteggere.
Secondo le informazioni raccolte dagli apritori parte del quinto tiro potrebbe essere in comune con la via Angelo della Nebbia.
Di seguito il racconto di Emanuele Andreozzi.
Durante l’estate mi sono riposato e rilassato, lontano dalla montagna, senza fare sport. Quattro nuove vie di misto, un paio di ripetizioni difficili e altrettanti tentativi non andati a buon fine mi avevano stremato, dovevo staccare! Non ho avuto ripianti o tentazioni, le montagne nella versione estiva non fanno per me. Nude, senza il loro mantello di neve e ghiaccio, perdono parte del loro irresistibile fascino.
Tra agosto e settembre ho ricominciato ad allenarmi per essere di nuovo in forze all’arrivo del freddo. Così eccoci di nuovo qui, sci ai piedi, con l’inseparabile Matteo al gelo della notte, lanciati verso una nuova avventura. Con Matteo ci siamo visti l’ultima volta a fine maggio quando abbiamo aperto Pazzione Primavernale sulla Cima Tosa insieme a Santi Padrós (vedere qui). È stata una delle esperienze più potenti della mia vita d’alpinista.
Ora siamo al Passo del Tonale e ci fa compagnia Francesco Nardelli, un caro amico con cui ho condiviso svariate avventure in parete lo scorso inverno. Sono le cinque di mattina e la luce della luna piena illumina praticamente a giorno. Per ciò che abbiamo in mente è inevitabile mettere negli zaini una doppia serie di friends più i micro, due mazzette di nuts e una quindicina di chiodi da roccia. Proteggerci bene è sempre stato il nostro modo di andare in montagna.
Circa quattro ore dopo sto salendo il primo tiro su alpine ice verticale. Le condizioni del ghiaccio sono ottime e riesco a scalare senza problemi. Il tiro successivo si prospetta già più tosto: roccia e misto verticale. Parto e, dopo qualche metro, il ghiaccio viene sostituito da neve inconsistente. Arrampicare diventa una vera lotta. Il terreno è assolutamente ripido e la neve rende tutto tremendamente aleatorio. Bisogna avere il coraggio di mollarsi sopra la protezione senza sapere bene cosa agganciano le picche, poi fare pulizia sperando di trovare sotto la neve una fessura della larghezza giusta per proteggersi. È tutto lento e snervante. Matteo passa avanti al terzo tiro e ci mette oltre un’ora per salire trenta complessi metri. Impiegherà circa lo stesso tempo per riuscire ad attrezzare una sosta solida. Quando Franz e io lo raggiungiamo siamo appesi nel vuoto, la verticalità è totale. Il quarto tiro regala a Matteo ghiaccio più abbondante e solido, ma è ancora molto severo e complicato. Matteo fa un capolavoro con i nuts, riuscendo a proteggersi egregiamente dove sembrava impossibile. Il giorno sta finendo, sorge la luna e le montagne sullo sfondo si accendono di arancione. Siamo ancora a metà parete ma fiduciosi, perché dalle foto sembra che il tratto più duro sia alle nostre spalle. Ci aspettano ancora un paio di tiri su ghiaccio, poi terreno meno ripido fino in cima. Torno avanti io, convinto di scalare velocemente un tiro facile, invece la sorpresa è amara: una crosta finissima di ghiaccio miscelato a neve ricopre una liscia placca di granito. I ramponi stridono sulla roccia e le picche rimbalzano. Il tiro fa paura, ma è niente rispetto a quello successivo, assolutamente verticale. Me la cavo su entrambi con tanta strizza e vedendo parecchi fantasmi. Finalmente siamo fuori dal tratto più ripido della parete, ma le condizioni della neve ci daranno filo da torcere fino in vetta. È notte fonda da un pezzo ma la fortissima luce emanata dalla luna piena rende quasi superfluo l’uso delle frontali. Siamo stanchi e, tutte le volte che crediamo sia l’ultimo tiro, la montagna ce ne “dona” un altro. Matteo va su per tre lunghi tiri, a tratti su placche di granito inclinate e ricoperte da mezzo metro di neve completamente inconsistente. La progressione è aleatoria anche qui. Torno avanti io e questa volta, quando le corde finiscono, la cima è troppo vicina per fermarmi a fare l’ennesima sosta. Grido ai miei compagni di seguirmi in conserva. Alle 23 sbuco esattamente sulla Cima Ovest e faccio sosta proprio sul grande spuntone della vetta. Fantastico! A sorpresa la nostra nuova via esce direttamente in vetta.
Seguono lunghe ore di impegnativa discesa. Prima ci spostiamo leggermente a sinistra sulla cresta, poi iniziamo ad attrezzare una serie di doppie. Alla sosta per la terzultima calata Matteo batte tanto forte un chiodo che il martello della sua picca va in frantumi. Ecco cosa vuol dire usare l’attrezzatura al limite della tenuta! Per fortuna anche la mia piccozza monta un martello… L’ultima calata che ci deposita accanto ai nostri sci la facciamo alle tre di notte. Un’ora dopo, stanchi e assetati, arriviamo finalmente alla macchina. Eravamo partiti da lì ben 23 ore prima!
Materiale. Doppia serie completa di friends (fino al n.3), serie di microfriends (assolutamente indispensabile!), nuts e una decina di chiodi da roccia. Materiale per attrezzare/rinforzare le soste di calata. Alcune viti da ghiaccio (non utilizzate dagli apritori). Quasi tutti i chiodi utilizzati in apertura sono stati tolti. È rimasto qualche chiodo alla terza sosta e uno alla quarta. Sopra la prima sosta si trova un cordino. Inoltre, nei pressi della seconda sosta, gli apritori hanno individuato una vecchia sosta da abbandono a testimonianza di un precedente tentativo effettuato da ignoti.
Accesso. Dal Passo del Tonale (BS/TN) come per la scialpinistica classica detta “Cantiere”. Dal parcheggio seguire la strada forestale sempre ben tracciata fino a raggiungere l’Alveo del Presena. Al suo termine abbandonare la traccia, dirigersi a sinistra e puntare all’evidente parete nord della Cima Busazza, risalendo il ghiacciaio piccolo ma crepacciato (attenzione) che si trova ai suoi piedi. L’attacco è evidente al centro della parete. 1200 m D+ ca., 3 h.
Relazione. Vedere foto con tracciato qui sopra.
Discesa. Due opzioni:
- discesa per il Canale Nord-Ovest. Accedere al canalone scendere lungo quello all’Alveo di Presena, ritrovando così le tracce d’accesso. Questa opzione è più semplice ma è fattibile solo se non si deve tornare all’attacco per recuperare gli sci.
- Discesa all’attacco della via. Dalla Cima Ovest andare a est verso la cima principale. Presso un evidente intaglio di cresta individuare un cordone su grosso spuntone. Da lì ha inizio una lunga serie di calate in doppia che riconduce all’attacco della via. Gli apritori hanno attrezzato tutte le soste ma raccomandano di non contare troppo su questi ancoraggi: potrebbero essere sepolti dalla neve o danneggiati. Portare un’adeguata quantità di materiale per rinforzare le soste o attrezzarne di nuove. Le ultime tre doppie si svolgono sulla bellissima via Sogni e incubi aperta dai fratelli Franchini (19 maggio 2012).
MR. Informazioni e immagini fornite da Emanuele Andreozzi.