VIA DEGLI INGLESI, PRIMA LIBERA INVERNALE - Up-Climbing

VIA DEGLI INGLESI, PRIMA LIBERA INVERNALE

Grande avventura per Santi Padrós e Dani Ascaso

Il 21 febbraio gli spagnoli Santi Padrós e Dani Ascaso si sono aggiudicati un’ascensione invernale completamente in libera della Via dei Inglesi sulla est-nord-est del Pizzo Badile.

La via, aperta da Mike Kosterlitz e Dick Isherwood nel 1968, è frequentata in estate ed è stata ripetuta anche in inverno. La prima cordata ad affrontare l’itinerario nella stagione fredda è stata quella delle cecoslovacche Zuzana Hofmannová e Alena Stehlíková nel 1982. Più tardi, nel 2008, Fabio Valseschini ha realizzato la prima solitaria invernale. Le ulteriori ascensioni invernali note sono quelle di Peter von Känel e Silvan Schüpbach (2022) e, nel gennaio di quest’anno, delle cordate Marcel Schenk-Simone Porta e Marco Cordin-Davide Sassudelli. Queste ultime tre ripetizioni, a differenza delle prime due, sono state effettuate nello stile più attuale: misto/drytooling. Santi Padrós e Dani Ascaso sono i primi a riuscire nella libera in questo stile.

Di seguito il racconto di Santi.

Certo che pensare di poter arrampicare in libera la Via dei Inglesi nella nord del Badile era tutto un sogno.

E così dopo le ripetizioni di varie cordate che ritengo fortissime, siamo noi a organizzarci per tentare questa bella salita. I gradi proposti dalla cordata Marcel Schenk e Simone Porta mi sembrano duri per lo stile dell’arrampicata, però questo inverno mi sento proprio in forma e parto con tanta voglia.

La terza cordata che tenta la via in stile moderno (drytooling) è formata da Marco Cordin e Davide Sassudelli. Proprio Marco mi dice che a lui la via non è sembrata tanto difficile e che ci sono veramente possibilità di superarla in libera. Purtroppo loro, dopo la disintegrazione di un’amaca da bivacco, sono dovuti uscire dalla parete con un pò di artif, arrivando in cima a mezzanotte e senza troppa voglia di forzare l’arrampicata in libera.

È il 20 febbraio quando, assieme al mio compare Dani Ascaso e ai miei “fidanzati” romagnoli, Andrea Gamberini e Raffaele Mercuriali, risaliamo verso il rifugio Gianetti, punto di appoggio per la nostra salita. Verso sera ci raggiungono ancora Mirco Grasso e Luca Moroni, che senza saperlo hanno il nostro stesso obiettivo di noi.

Sono le 4:00 quando lasciamo il rifugio direzione del colle tra il Badile e il Cengalo. Iniziamo la discesa per il canale, che però è più esposta di quanto sperato, così decidiamo di fare alcune calate. A quel punto Mirco e Luca passano davanti noi.

Devo dire che questa parte non me l’aspettava così esposta, comunque con pazienza arriviamo legati in sicurezza all’attacco della via. Luca sta già lottando sul primo tiro di M6+ e con Mirco scherziamo in sosta.

Cedo i primi tiri a Dani che, piano piano, sale su difficoltà non elevata, ma su terreno misto impegnativo dove la protezione non è sempre scontata. Comunque cinque tiri lunghi e con un po’ di tutto, anche l’off-width!

 

coll. Santi Padrós

 

Così con Luca e Mirco davanti, che segnano le soste, e Raffaele e Andrea dietro pieni di illusione, ci troviamo in tre cordate a percorrere una via storica sulla Nord del Piz Badile. Verso le 13:00 l’elicottero dal soccorso alpino viene a perlustrare la nostra posizione, ci salutiamo cortesemente. Le ore passano veloci e si prospetta una lunga giornata che finirà di sicuro tardi di notte.

I tiri si susseguono e arriviamo al primo M7. Vedo Luca scalarlo e mi emoziono, a quel punto Dani mi fa passare davanti, son quasi le 15:00 e giusto iniziamo il primo tiro difficile. Raffaele e Andrea valutano per un attimo una possibile ritirata, io neanche ci penso a quella possibilità.

Devo dire che l’head wall visto da lontano fa molta impressione, però una volta sotto e con tutte le fessure che ci sono, la faccenda sembra un po’ più umana.

coll. Santi Padrós

 

Vedo Luca concatenare i primi tre tiri fino al M7+, lo seguo a non tanta distanza, godo della sicurezza di agganci e protezioni, i tiri sono di sogno!

Nel tiro di M8+ vedo Luca azzerare dall’inizio, la faccenda sembra dura. Mi preoccupo a vederli così e penso se veramente valga la pena strisciare in questo modo fino alla fine della via.

È Dani a darmi il coraggio di affrontare il tiro più difficile della via, parto proprio gasato dalla sosta e, dopo una sezione di rocce instabili, mi trovo agganciando sulla bella fessura sopra il tettino. I piedi non abbondano, così il lavoro dei ramponi è severo e complicato, le scivolate di piedi si succedono, però la qualità degli agganci permette di resistere e avanzare senza tregua. Dopo poco più di 35 m sono in sosta, estenuato ma felice dopo l’incredibile arrampicata. Dani prova a scalare il tiro però non riesce, alla fine mi guarda e si congratula per la prestazione sul tiro, veramente una gioia in mezzo alle Alpi!

coll. Santi Padrós

 

In quella sosta sistemiamo la lampada frontale sul casco, Mirco e Luca continuano in un mix di libera e artificiale, io son stanco però super carico per continuare a dare al massimo di me stesso. Mancano ancora tre tiri di M8 e uno di M7+, diciamo che per me è quasi il mio limite in falesia dry, però qua in questo ambiente mi sento pieno facendo il mio alpinismo. Senza dubbi riesco nel buio a concatenare altri due tiri, fino a prima della traversata.

Quel tiro è particolarmente liscio per i piedi, ho visto Mirco azzerare tutti i passaggi e mi preoccupa. Comunque è corto e ci sono due chiodi, così dopo aver protetto bene l’uscita in sosta mi appendo alle picche e, con un po’ di manovre da circo, traverso fino all’uscita senza cadere. Le scintille dei ramponi sulla roccia sono come fuochi d’artificio, luce e colori, le parole motivanti di Dani la passione per un alpinismo evoluto.

In questa sosta e vedendo il tiro dopo capisco che la via è quasi fatta, che senza tante aspettative sono riuscito a concatenare una via che per me era oltre i miei limiti. Comunque quell’ultimo tiro mi impegna e anche gli altri tre su neve/ghiaccio fino alla cima. Sento la fatica e l’esposizione del terreno, è quasi mezzanotte quando con Dani spuntiamo in cresta. Dietro vedo le luci di Andrea e Raffaele che hanno voluto prendere parte a questa avventura fino alla fine.

Dopo un po’ di cresta in piena notte arriviamo al piccolo bivacco Redaelli, dove Mirco e Luca ci hanno preparato due litri d’acqua. Ci ritroviamo tutti felici dopo questa altra grande avventura invernale selvaggia. Son state oltre 21 ore non stop e oltre 23 in piedi, adesso come angioletti crolliamo nel bel mezzo della notte a sognare l’alpinismo.

coll. Santi Padrós

 

Santi conclude con una riflessione.

Mi rimane nel pensiero il fatto di strisciare con picche e ramponi quelle fessure pure. Essendo una via estiva dove si scala a mani nude, non condivido al 100% la progressione su questi itinerari in stile dry, e anche se mi son divertito tantissimo e la via ha una qualità eccezionale in questo stile, ci penserò profondamente prima di ripetere un altro itinerario estivo con picche e ramponi.

È vero che son pochissime le cordate che vogliono e possono progredire su questo tipo di itinerari in formato drytooling, però è vero anche che se diventa di moda un itinerario dal genere può veramente soffrirne le conseguenze.

Ho espresso liberamente la mia opinione, in conseguenza di un fatto. Spero di essere consapevole la prossima volta e auguro a tutti una bella riflessione.

 

Santi Padrós ringrazia TRANGOWORLD, AKU e H-DRY per il supporto.

Immagini: coll. Santi Padrós.

Condividi: