03 Mar PIZZO BADILE, PRIMA INVERNALE DELLA CORTI-BATTAGLIA
Marcel Schenk e David Hefti ripetono una via storica e quasi dimenticata sulla parete est-nord-est
Marcel Schenk e David Hefti hanno realizzato la prima ascensione invernale della via Corti-Battaglia sulla parete est-nord-est del Pizzo Badile (Val Bregaglia, Svizzera).
Schenk aveva già avuto modo di constatare le condizioni favorevoli durante la ripetizione invernale della Via degli Inglesi (D. Isherwood, M. Kosterlitz, 1968), realizzata a metà gennaio con Simone Porta. Così, all’inizio di febbraio, è tornato al Badile per un progetto ancora più ambizioso, in compagnia di David Hefti.
Tutti i dettagli nel racconto di Marcel Schenk.
A inizio febbraio ero già d’accordo con David Hefti per una tre giorni di arrampicata. Con lui ho realizzato alcuni progetti impegnativi, siamo un team ormai ben rodato. Le condizioni di neve in questo inverno 2023 sono molto deludenti e, dato che il lavoro come guida alpina è molto difficile o quasi impossibile, David accetta di buon grado il mio invito a provare la Corti-Battaglia.
La prima salita della via risale al 17 e 18 di agosto del 1953, ad opera Claudio Corti e Felice Battaglia. Purtroppo Felice Battaglia perse la vita al termine della scalata, poiché venne colpito da un fulmine che lo fece cadere. Corti raggiunse da solo la vetta e dedicò la via al suo compagno mancato.

Coll. Marcel Schenk/David Hefti
Sulla via si trovano poche informazioni e tanti schizzi contraddittori. Ma sapendo che si tratta della prima via di questa parete e che venne scalata con il materiale del 1953, immaginiamo che i primi salitori abbiano seguito i punti deboli della parete, e che quindi li avremmo trovati anche noi.
Dopo un paio di messaggi su Whatsapp, io e David ci incontriamo lunedì 13 in Engadina e insieme scendiamo in Bregaglia.
Portiamo il materiale in direzione dell’attacco della parete. Già arrivare lì si rivela un’impresa faticosa. Troviamo poca neve e dobbiamo trasportare gli sci e tutta l’attrezzatura per un lungo tratto. Finalmente tiriamo un sospiro di sollievo quando, nel tardo pomeriggio, riusciamo a godere del comfort del bivacco invernale della capanna.
Il giorno dopo la sveglia suona alle 3, e ci svegliamo leggermente spossati.
Dopo un bel caffè rinvigorente alle 3:30 siamo pronti a partire per l’avvicinamento. La notte ci regala una bellissima stellata, il silenzio assoluto ci avvolge e non sentiamo altro che il nostro respiro e il rumore della neve ad ogni passo. Dopo due ore e mezza siamo alla crepaccia terminale, dove cominciamo a prepararci: tiriamo fuori piccozze, ramponi e corda.
In un’altra ora raggiungiamo l’attacco della nostra via. La notte lascia rapidamente il posto alle prime luci del giorno, e l’arrampicata si fa già da subito impegnativa.
Alternandoci nell’arrampicata siamo abbastanza veloci, finalmente raggiungiamo il punto in cui la Via degli Inglesi sale su dritta e la nostra via devia a sinistra. Fino a qui il percorso da seguire era abbastanza chiaro; ma adesso siamo in un terreno sconosciuto. David scala il traverso della quarta lunghezza. Dalla sosta lo guardo e capisco presto dai suoi movimenti che è difficile: seguendo da secondo mi rendo conto del perché condivido certe avventure con lui. L’arrampicata continua verticale; le piccozze tengono bene, anche se per i ramponi non c’è sempre l’appoggio ideale.
Le lunghezze successive ci portano su placche ghiacciate e diedri in direzione della vetta.
Un inconfondibile chiodo, messo dagli apritori, che viene menzionato in tutte le relazioni, ci dà la certezza di essere sulla via giusta.

Coll. Marcel Schenk/David Hefti
Siamo entusiasmati dall’arrampicata e ci godiamo questa salita molto impegnativa. Nella parte superiore della parete ci aspettano ancora dei passaggi di arrampicata complessi. Ma in cambio ci aspettano due lunghezze consecutive che posso senza dubbio annoverare tra le più belle che abbia mai scalato. Un diedro a mezza luna ci porta ai piedi di un camino verticale intasato di ghiaccio: un’arrampicata molto faticosa ma ben proteggibile che fa battere forte il nostro cuore di alpinisti.
Siamo già in giro da 13 ore quando alle 4 del pomeriggio finalmente usciamo dalla parete una cinquantina di metri sotto la cima. Il sole splende sui nostri volti contenti, e ci godiamo questo corto ma intensissimo momento. Abbiamo ancora due ore di luce e ci aspetta una discesa difficoltosa. Perciò decidiamo di rinunciare alla vetta, decisione per noi per nulla facile. Ma già sappiamo che con queste condizioni la discesa richiederà la massima concentrazione.
Dopo una brevissima pausa per rifocillarci iniziamo la discesa dal Colle del Cengalo fino al deposito sci. In questa bellissima atmosfera con il buio che in breve ci avvolge raggiungiamo Bondo. Sono le 19:30 quando arriviamo finalmente alle macchine e poco dopo brindiamo con una birra dal benzinaio la riuscita del nostro giro.
Siamo molto contenti di quello che le montagne di casa hanno da offrirci. Lungo tutta la via abbiamo trovato sei chiodi, dei quali probabilmente la maggior parte è dei primi salitori. Crediamo che le migliori sfide e avventure siano quelle davanti alla porta di casa, e da questo inverno di grande mancanza di neve, vogliamo prendere il meglio. Per questo basta soltanto un po’ di pazienza e creatività, e non un biglietto che porti dall’altra parte del mondo.
MR da comunicato Marcel Schenk. Immagini coll. Schenk/Hefti.